L'unica soluzione del problema finanziario. Il popolo italiano, con fede, slancio, generosità e continuo eroismo, nutre di sangue e di denaro la nostra vittoriosa guerra contro l'Austria. Questo è indiscutibile. È anche indiscutibile, però, che mentre l' Italia ha delle riserve inesauribili di giovani, atti e pronti alla guerra d'oggi e a quelle di domani, le sue riserve di denaro non sono adeguate agli sforzi sempre maggiori imposti dal nostro orgoglio nazionale. Si dice che noi siamo un popolo a tutti superiore per il suo genio elastico e creatore e per la sua giovanile resistenza muscolare, ma disgraziatamente povero. No. Non è povero, il popolo italiano. Noi Futuristi affermiamo che il popolo italiano è il più ricco della terra, poiché possiede un incalcolabile capitale inutilizzato, costituito dall'enorme patrimonio delle opere d'arte antiche ammucchiate nei suoi musei. Di questo patrimonio artistico, noi proponiamo senz'altro al Governo la vendita graduale e sapiente. Dato che soltanto le Gallerie degli Uffizi e Pitti furono valutate più di un miliardo l'Italia sarà in pochi anni abbastanza ricca per: 1) avere la più poderosa flotta militare del mondo; 2) avere un esercito quattro volte più forte dell'attuale; 3) avere la prima marina mercantile del mondo; 4) avere una grande navigazione fluviale; 5) intensificare decisamente tutte le industrie esistenti e creare immediatamente le mancanti ; 6) sviluppare fino al rendimento massimo l'agricoltura e sanare tutte le zone malariche; 7) vincere completamente l'analfabetismo; 8) abolire totalmente ogni imposta per venti anni almeno. Prevediamo tutte le obiezioni, e le distruggiamo: La vendita del nostro patrimonio artistico ben lungi dal diminuire il nostro prestigio dimostrerà al mondo che un popolo giovane e sicuro del proprio avvenire ne sa affrontare tutti i problemi trasformando in forze vive le sue ricchezze morte come un aristocratico intelligente rinuncia ad ogni fasto vano e lancia il proprio oro nell'industria. Sarà altamente patriottico il gesto col quale l'Italia rompendo vecchie catene tradizionali e sentimentali, trasformerà le sue vecchie tele e i suoi vecchi marmi utile, veloce e dominatore. D'altra parte, le nostre opere d'arte antiche, vendute in America, in Inghilterra in Russia o in Francia, diventeranno la più efficace delle réclames al genio creatore della nostra razza. Genio inesauribile, questo, poiché si manifesta oggi nel nostro grande esercito improvvisato che vince in matematica militare e in eroismo garibaldino un esercito agguerrito e preparato in più di 40 anni. I nostri eroi del Carso, dell' Isonzo e del Trentino hanno cento volte sorpassato in grandezza tutti gli eroi romani. Non viviamo dunque più del nostro passato; non siamo più soltanto « figli di grandi uomini »; il nostro prestigio presente ci garantisce una illimitata grandezza futura. Siamo il popolo più artista della terra. Nessuno perciò potrà dubitare che dopo aver conquistato una grande potenza militare nel mondo, sapremo anche conquistare un assoluto primato artistico. Il nostro glorioso Rinascimento sarà superato dall'arte italiana di domani. Si obietterà anche che questa vendita allontanerà dall' Italia il fiume rimunerativo dei visitatori stranieri. Non vogliamo discutere qui sull'utilità dell'industria dei forestieri, che pur regalando all'Italia molti milioni, è tanto aleatoria da poter cessare per un caso isolato di colera o per una scossa di terremoto, ed è sempre dannosa poiché snazionalizza e umilia il nostro paese, lo riempie di spie e trasforma un terzo degl'italiani in albergatori, in ciceroni e in boys d' hotel. Dichiariamo soltanto che i forestieri verranno sempre, purtroppo, in gran numero in Italia, poiché la nostra penisola ha il clima più dolce, il cielo più bello, la massima varietà di paesaggi, ed è insomma il riassunto meraviglioso di tutte le bellezze della Terra. Siccome la vendita delle nostre opere d'arte antiche sarà necessariamente graduale, i forestieri, per molto tempo, se ne accorgeranno appena. Essi troveranno sempre ad ogni modo, sul nostro suolo, torri, mura, chiese e palazzi da ammirare. D'altra parte, tutti i nostri vecchi quadri e le nostre vecchie statue vanno continuamente decadendo in una lenta agonia e sono destinate a perire. La loro vendita dunque s'impone a un popolo come l'italiano, praticissimo, il quale deve fare oggi ciò che domani si farebbe con vantaggio assai minore. La vendita dovrà essere fatta con somma perizia e abilità. Ne affideremo volentieri la direzione ai più illustri nostri cultori e critici d'arte, che ne regoleranno la valutazione sul mercato mondiale mantenendone alti i prezzi e imponendo in ogni contratto delle clausole di riscatto. Nessuno vieterà all'Italia, ingigantita da queste utili vendite, di riacquistare più tardi ciò che fu venduto. Un'altra obiezione può essere questa: Non si devono privare gl'italiani del piacere di godere in casa loro le opere dei nostri grandi antenati. Rispondiamo: E' assurdo che su 36 milioni d'italiani i 34 milioni che sono incapaci o non hanno tempo di amare le opere d'arte antiche continuino essere esauriti, e fors'anche esasperati fino alla rivolta, da sempre più gravose imposte, mentre il paese possiede un colossale capitale artistico praticamente trasformabile in tanto oro. Supponendo nella maggioranza incolta della popolazione italiana una sempre crescente possibilità e passione di gustare il possesso delle opere d'arte antiche noi proponiamo che una piccola parte del prodotto della vendita sia consacrata a nuovi e più profondi lavori di scavi archeologici, quali riempiranno certo, in pochi anni, i vuoti dei nostri musei e delle nostre piazze con innumerevoli altre opere d'arte antiche. Possiamo infatti affermare senza ombra di paradosso o d'ironia che mentre gli altri paesi posseggono miniere di carbone, di ferro o d'oro, il nostro possiede le più inesauribile miniere archeologiche. Il sottosuolo di Roma, quello dell' Umbria, della Toscana, della Campania e della Sicilia, possono diventare le nostre Cardiff, le nostre Westfalie, il nostro Capo-di-Buona-Speranza Certe zone saranno meno fruttifere, ma anche per quelle si tratta di lavoro, e io non esito ad affermare che a tre o quattrocento metri sotto la mia Casa Rossa, a Milano, dorme un prezioso, elegante e nostalgico Tempio-di-Venere. Il passato galvanizzato così, risorgerà per partecipare al gran progresso nazionale. I nostri grandi avi pittori e scultori, da Giotto a Botticelli, a Cellini, a Michelangelo a Raffaello, parteciperanno alla nostra vita formidabile, e le loro ombre di futuristi geniali del loro tempo, finalmente liberate dalla muffa e dal tedio dei musei, saranno felici, veramente felici grandeggiare sulle nostre trincee sanguinose scavate fin nel cuore dell'Austria, a fianco dei nostri enormi alpini, lottando insieme con questi per la sempre maggiore potenza della nuova Italia. Queste idee, d'un futurismo moderato, che io comunicai nel 1913 allo Standard di Londra, nelle quali il mio intervistatore inglese trovò allora qualche cosa di vero, di pratico e di patriottico potevano sembrare, in tempo di pace, audaci e divertenti paradossi. Oggi, mentre si constata che l'ultima avanzata nella Champagne costò ai francesi un miliardo in munizioni; mentre il popolo italiano si dispone ad accettare eroicamente i massimi sacrifici di denaro, per centuplicare lo sforzo trionfale del nostro esercito vittorioso; mentre si prevedono, dopo l'attuale conflagrazione, molte altre guerre, attraverso le quali l'Italia dovrà diventare la prima potenza del mondo, noi proponiamo al Governo italiano la vendita graduale e sapiente delle nostre opere d'arte antiche, come l'unica soluzione razionale e veramente patriottica del problema finanziario italiano. F. T. Marinetti Direzione del Movimento Futurista, Milano, 11 dicembre 1915