MANIFESTO DEI MUSICISTI FUTURISTI Io mi rivolgo ai giovani. Essi soli mi dovranno ascoltare e mi potranno comprendere. C'è chi nasce vecchio, spettro bavoso del passato, crittogama tumida di veleni: a costoro, non parole, né idee, ma una imposizione unica: fine. Io mi rivolgo ai giovani, necessariamente assetati di cose nuove, presenti e vive. Mi seguano dunque essi, fidenti e arditi, per le vie del futuro, dove già i miei, i nostri intrepidi fratelli, poeti e pittori futuristi, gloriosamente ci precedono, belli di violenza, audaci di ribellione e luminosi di genio animatore. Or è un anno una commissione, composta dei maestri Pietro Mascagni, Giacomo Orefice, Guglielmo Mattioli, Rodolfo Ferrari e del critico Gian-Battista Nappi, proclamava la mia opera musicale futurista intitolata «La Sina d' Vargöun » - su un poema pure mio ed in versi liberi - vincitrice, fra tutte le altre concorrenti, del premio di L. 10.000, destinato alle spese di esecuzione del lavoro riconosciuto superiore e degno, secondo il lascito del bolognese Cincinnato Baruzzi. L'esecuzione, avvenuta nel dicembre I909 al Teatro Comunale di Bologna, mi procurò un successo di grande entusiasmo, critiche abiette e stupide, generose difese di amici e di sconosciuti, onore e copia di nemici. Essendo entrato così, trionfalmente, nell'ambiente musicale italiano, in contatto col pubblico, cogli editori e coi critici, ho potuto giudicare con la massima serenità il mediocrismo intellettuale, la bassezza mercantile e il misoneismo che riducono la musica italiana ad una forma unica e quasi invariabile di melodramma volgare, da cui risulta l'assoluta inferiorità nostra di fronte all'evoluzione futurista della musica negli altri paesi. In Germania, infatti, dopo l'èra gloriosa e rivoluzionaria dominata dal genio sublime di Wagner, Riccardo Strauss eleva il barocchismo della strumentazione fin quasi a forma vitale d'arte, e sebbene non possa nascondere, con maniere armoniche ed acustiche abili, complicate ed appariscenti, l'aridità, il mercantilismo e la banalità dell'anima sua, nondimeno si sforza di combattere e di superare il passato con un ingegno novatore. In Francia, Claudio Debussy, artista profondamente soggettivo, letterato più che musicista, nuota in un lago diafano e tranquillo di armonie tenui, delicate, azzurre e costantemente trasparenti. Col simbolismo strumentale e con una polifonia monotona di sensazioni armoniche sentite attraverso una scala di toni interi - sistema nuovo, ma sempre sistema, e, di conseguenza, volontaria limitazione - egli non giunge sempre a coprire la scarsità di valore della sua tematica e ritmica unilaterali e la mancanza quasi assoluta di svolgimento ideologico. Questo svolgimento consiste per lui nella primitiva e infantile ripetizione periodica di un tema breve e povero o di un andamento ritmico monotono e vago. Avendo ricorso, nelle sue formole operistiche, ai concetti stantii della Camerata fiorentina, che nel 1600 dava nascita al melodramma, non è ancora pervenuto a riformare completamente l'arte melodrammatica del suo paese Nondimeno, più d'ogni altro egli combatte gagliardamente il passato e in molti punti lo supera. Idealmente più forte di lui, ma musicalmente inferiore, è G. Charpentier. In Inghilterra, Edoardo Elgar, coll'animo di ampliare le forme sinfoniche classiche, tentando maniere di svolgimento tematico più ricche e multiformi variazioni di uno stesso soggetto, e cercando, non nella varietà esuberante degli strumenti, ma nella varietà delle loro combinazioni, effetti equilibrati e consoni alla nostra complessa sensibilità, coopera alla distruzione del passato. In Russia, Modesto Mussorgski, rinnovato attraverso l'anima di Nicolò Rimsky-Korsakoff, coll'innestare l'elemento nazionale primitivo nelle formole ereditate da altri e col cercare verità drammatica e libertà armonica, abbandona e fa dimenticare la tradizione. Così procede anche Alessandro Glazounow, pur rimanendo ancora primitivo e lontano da una pura ed equilibrata concezione d'arte. In Finlandia e nella Svezia, pure attraverso l'elemento musicale e poetico nazionale, si alimentano tendenze novatrici e le opere di Sibelius ne danno conferma. E in Italia? Insidia ai giovani e all'arte, vegetano licei, conservatorî ed accademie musicali. - In questi vivai della impotenza, maestri e professori, illustri deficienze, perpetuano il tradizionalismo e combattono ogni sforzo per allargare il campo musicale. Da ciò: repressione prudente e costringimento di ogni tendenza libera e audace; mortificazione costante della intelligenza impetuosa; appoggio incondizionato alla mediocrità che sa copiare e incensare; prostituzione delle grandi glorie musicali del passato quali armi insidiose di offesa contro il genio nascente; limitazione dello studio ad un vano acrobatismo che si dibatte nella perpetua agonia d'una coltura arretrata e già morta. I giovani ingegni musicali che stagnano nei conservatorî hanno fissi gli occhi sull'affascinante miraggio dell'opera teatrale sotto la tutela dei grandi editori. La maggior parte la conduce a termine male e peggio, per mancanza di basi ideali e tecniche; pochissimi arrivano a vedersela rappresentata, e di costoro i più sborsando del denaro, per conseguire successi pagati ed effimeri o tolleranza cortese. La sinfonia pura, ultimo rifugio, accoglie gli operisti mancati, i quali, a loro discolpa, predicono la fine del melodramma come forma assurda e antimusicale. Essi d' altra parte confermano la tradizionale accusa di non essere gli italiani nati per la sinfonia, dimostrandosi inetti anche in questo nobilissimo e vitale genere di composizione. La causa del loro doppio fallimento è unica, e da non ricercarsi nelle innocentissime e non mai abbastanza calunniate forme melodrammatiche e sinfoniche, ma nella loro impotenza. Essi si valgono, nella loro ascensione, di quella solenne turlupinatura che si chiama musica fatta bene, falsificazione dell'altra vera e grande, copia senza valore venduta ad un pubblico che si lascia ingannare per volontà propria. Ma i rari fortunati che attraverso a tutte le rinunzie sono riusciti ad ottenere la protezione dei grandi editori, ai quali vengono legati da contratti-capestro illusorî ed umilianti, rappresentano la classe dei servi, degli imbelli dei volontariamente venduti. I grandi editori-mercanti imperano; assegnano limiti commerciali alle forme melodrammatiche, proclamando, quali modelli da non doversi superare ed insuperabili, le opere basse, rachitiche e volgari di Giacomo Puccini e di Umberto Giordano. Gli editori pagano poeti perchè sciupino tempo ed intelligenza a fabbricare e ad ammannire - secondo le ricette di quel grottesco pasticciere che si chiama Luigi Illica - quella fetida torta a cui si dà il nome di libretto d'opera. Gli editori scartano qualsiasi opera che per combinazione sorpassi la mediocrità; col monopolio diffondono e sfruttano la loro merce e ne difendono il campo d'azione da ogni temuto tentativo di ribellione. Gli editori assumono la tutela ed il privilegio dei gusti del pubblico, e colla complicità della critica, rievocano, quali esempio o monito, fra le lagrime e la commozione generale, il preteso nostro monopolio della melodia e del bel canto e il non mai abbastanza esaltato melodramma italiano, pesante e soffocante gozzo della nazione. Unico, Pietro Mascagni, creatura di editore, ha avuto anima e potere di ribellarsi a tradizioni d'arte, a editori, a pubblico ingannato e viziato. Egli, con l'esempio personale, primo e solo in Italia, ha svelato le vergogne dei monopolî editoriali e la venalità della critica, ed ha affrettata l'ora della nostra liberazione dallo czarismo mercantile e dilettantesco nella musica. - Con molta genialità, Pietro Mascagni ha avuto dei veri tentativi d'innovazione nella parte armonica e nella parte lirica del melodramma, pur non giungendo ancora a liberarsi dalle forme tradizionali. L'onta e il fango che io ho denunziato in sintesi rappresentano fedelmente il passato dell'Italia nei suoi rapporti con l'arte e coi costumi dell'oggi: industria dei morti, culto dei cimiteri, inaridimento delle sorgenti vitali. Il Futurismo, ribellione della vita, della intuizione e del sentimento, primavera fremente ed impetuosa, dichiara guerra inesorabile alla dottrina, all'individuo e all'opera che ripeta, prolunghi o esalti il passato a danno del futuro. Esso proclama la conquista della libertà amorale di azione, di coscienza e di concepimento; proclama che Arte è disinteresse, eroismo, disprezzo dei facili successi. Io dispiego all'aria libera e al sole la rossa bandiera del Futurismo, chiamando sotto il suo simbolo fiammeggiante quanti giovani compositori abbiano cuore per amare e per combattere, mente per concepire, fronte immune da viltà. Ed urlo la gioia di sentirmi sciolto da ogni vincolo di tradizione, di dubbi, d'opportunismo e di vanità. Io che ripudio il titolo di maestro, come marchio di uguaglianza nella mediocrità e nell'ignoranza, confermo qui la mia entusiastica adesione al Futurismo, porgendo ai giovani, agli arditi, ai temerarî, queste mie irrevocabili conclusioni: 1° Convincere i giovani compositori a disertare Licei, Conservatorî e Accademie musicali, e a considerare lo studio libero come unico mezzo di rigenerazione. 2° Combattere con un assiduo disprezzo i critici, fatalmente venali e ignoranti, liberando il pubblico dall'influenza malefica dei loro scritti. Fondare a questo scopo una rivista musicale indipendente e risolutamente avversa ai criteri dei professori di Conservatorio e a quelli avviliti del pubblico. 3° Astenersi dal partecipare a qualunque concorso con le solite buste chiuse e le relative tasse d'ammissione, denunziandone pubblicamente le mistificazioni e svelando l' incompetenza delle giurie, generalmente composte di cretini e di rammolliti. 4° Tenersi lontani dagli ambienti commerciali o accademici, disprezzandoli, e preferendo vita modesta a lauti guadagni per i quali l'arte si dovesse vendere. 5° Liberare la propria sensibilità musicale da ogni imitazione od influenza del passato. Sentire e cantare con l'anima rivolta all'avvenire, attingendo ispirazione ed estetica dalla natura, attraverso tutti i suoi fenomeni presenti, umani ed extraumani; esaltare l'uomo-simbolo rinnovantesi perennemente nei varî aspetti della vita moderna e nelle infinite sue relazioni intime con la natura. 6° Distruggere il pregiudizio della musica fatta bene - rettorica ed impotenza - proclamando un concetto unico di musica futurista, cioè assolutamente diversa da quella fatta finora. Formare così in Italia un un gusto musicale futurista, e distruggere i valori dottrinarî, accademici e soporiferi, dichiarando odiosa, stupida e vile la frase: " Torniamo all'antico ". 7° Proclamare che il regno del cantante deve finire e che l'importanza del cantante rispetto all'opera d'arte corrisponde all'importanza di uno strumento dell'orchestra. 8° Trasformare il titolo ed il valore di libretto d'opera nel titolo e valore di poema drammatico o tragico per la musica sostituendo alle metriche il verso libero. Ogni operista d'altronde, deve assolutamente e necessariamente essere autore del proprio poema. 9° Combattere categoricamente le ricostruzioni storiche e l'allestimento scenico tradizionale e dichiarare stupido il disprezzo che si ha pel costume contemporaneo. 10° Combattere le romanze del genere Tosti e Costa, le stomachevoli canzonette napoletane e la musica sacra, che non avendo più alcuna ragione di essere, dato il fallimento della fede, è diventato monopolio esclusivo d'impotenti direttori di Conservatorio e di qualche prete incompleto. 11° Provocare nei pubblici un'ostilità sempre crescente contro le esumazioni di opere vecchie che vietano l'apparizione dei maestri novatori, ed appoggiare invece ed esaltare tutto ciò che in musica appaia originale e rivoluzionario, ritenendo un onore l'ingiuria e l'ironia dei moribondi e degli opportunisti. Ed ora,la reazione dei passatisti mi si riversi pure addosso con tutte le sue furie. Io serenamente rido e me ne infischio: sono asceso oltre il passato, e chiamo ad alta voce i giovani musicisti intorno alla bandiera del Futurismo che, lanciato dal poeta Marinetti nel Figaro di Parigi, ha conquistato in breve volgere di tempo i massimi centri intellettuali del mondo.