LO SVILUPPO DELL’AEROPITTURA I futuristi torinesi. Il "Manifesto dell’Aeropittura Futurista" (1929) indica la possibilità di un nuovo stato d’animo del pittore che dal volo ritrae sensazioni ed ispirazione non confrontabili ad alcuna tradizione. Le sensazioni di velocità dovevano essere le prime a interessare la fantasia dell’artista che vedeva nell’aeroplano la possibilità di afferrare una serie di paesaggi e di orizzonti ignoti, con altre prospettive ed altro lirismo. Ma queste "velocità" non potevano che essere il ponte di passaggio verso la «simultaneità ». La simultaneità è l’organizzazione dei tanti movimenti, la sintesi di tante sensazioni consecutive, la nuova inebriante meta di tutte le ricerche iniziate con il « dinamismo plastico» di Boccioni. L’aeropittura ha dunque la sua ragione nella « simultaneità ». Si evitano così i pericoli del frammento e del particolare e si esce dall’aneddotico. I paesaggi, i cieli, le luci, il lontano e il vicino, il passato e il raggiunto, risultano in blocco e il pittore ne dà la visione simultanea arricchita dai misteri del suo stato d’animo. Questa meravigliosa quantità di trovate plastiche non è tuttavia, secondo noi, la definitiva interpretazione della natura meccanica che ha nell’aeroplano il maggior esempio. Tutte le precedenti scoperte plastiche sono ancora suggerite dal sentimento umano che tende, attraverso l’aeroplano, ad un suo sviluppo ed al suo massimo innalzamento. È il sentimento cioè dell’uomo che si serve dell’aeroplano per moltiplicare le sue forze. Non dobbiamo accontentarci degli aspetti della natura meccanica per trasformarli: dobbiamo dare dei nuovi aspetti plastici in cui l’azione (anche fantastica) della natura meccanica sia completamente superata. Non più sensazioni, ma utilizzazione dei vari elementi per creare altri organismi ed altre funzioni. Fin dal 1925 scrivemmo di « idoli meccanici » come necessità di superare in arte lo sfruttamento delle macchine per avvicinarsi ad esse con intendimenti spirituali. Nel 1930 alla « Galleria Pesaro » i pittori Fillia, Diulgheroff, Oriani e lo scultore Mino Rosso presentarono alcune composizioni dove si cercava di rendere uno « spirito meccanico » uscendo da ogni possibile ispirazione di oggetti, da ogni influenza dell’azione umana, da ogni interpretazione tradizionale del soggetto. Abbiamo oggi realizzato delle prime opere direttamente ispirate dalla sensibilità aerea. La velocità, la simultaneità, le prospettive aeree e i nuovi lirismi suggeriti dal volo furono modificatori della nostra sensibilità, ma noi non intendiamo esprimere la loro emozione. Intendiamo invece servirci dell’aereo (che è la più perfetta visione della natura meccanica) per rendere lo spirito dell’epoca. Questi quadri cioè rompono nettamente il cerchio della realtà per indicare i misteri di una nuova spiritualità. Nessuna possibilità, nella maggioranza delle nostre opere, dei paesaggi e dello stato d’animo dell’aviazione. Le forme degli apparecchi, dei cieli, della terra, dei mondi siderali, si organizzano al di fuori di ogni logica visiva e di ogni compenetrazione di piani causata dal movimento. Si organizzano per rendere l’idea dell’uomo di fronte allo spirito della vita meccanica. Le nostre opere devono perciò realizzare: — i «nuovi simboli» dell’epoca moderna, tradotti in immagini plastiche; — i «paesaggi cosmici» che si rivelano a noi con il superamento di ogni valore terrestre; — gli « organismi aerei spirituali » che rappresentano plasticamente le nuove divinità e i nuovi misteri creati dalle macchine. I futuristi torinesi: Fillia, Oriani, Mino Rosso, Diulgheroff, Pozzo, Saladin, Alimandi, Zucco, Vignazia. (« La Città Nuova » Torino, 6 febbraio 1932).