LA GUERRA FUTURA Malgrado le innumerevoli iniziative pacifiste la conflagrazione futura appare sempre più inevitabile. I trattati di pace e le convenzioni di disarmo si moltiplicano con la stessa velocità degli armamenti e dei preparativi guerreschi. Credo perciò utile che la nostra razza intelligentissima si famigliarizzi con questa probabile realtà di domani, tanto più che tutti e tutte saranno indubbiamente chiamati a parteciparvi, senza esenzione di sesso e di età. Si pone subito il problema: in quale proporzione la guerra futura si manifesterà diversa dall’ultima guerra e in quale proporzione gioverà ai nuovi combattenti l’esperienza della guerra già combattuta? Gli spiriti novatori dichiarano che essa sarà quasi interamente aeronautica e chimica, senza trincee nè reticolati, fra i mari minati dai sottomarini. Guerra fulminea che precorrerà nelle sue decisioni lo sforzo delle mobilitazioni e quello conseguente del perfezionamento e del munizionamento. Altri spiriti meno audaci e più legati al passato, pur riconoscendo la predominante importanza degli aerei bombardamenti venefici, dichiarano che la decisione della vittoria apparterrà ai fanti arditi, i quali, trasportati e chiusi in autocarri corazzati o aeroplani, affermeranno il possesso del terreno con la mitragliatrice, il moschetto o col corpo a corpo ad arma bianca. Gli spiriti tradizionali e passatisti continuano invece ad affermare che, dopo alcune battaglie aeree e bombardamenti più o meno infruttuosi, l'enorme macello e avvelenamento farà di nuovo rintanare la guerra, rimettendo in onore trincee e reticolati. Gli Stati Maggiori francesi e inglesi, pur dando molta importanza all’aviazione militare, sembrano insistere in una visione poco novatrice della guerra futura. Infatti le conclusioni tattiche e strategiche delle recenti manovre francesi danno ancora una grande importanza alla fanteria. Occorre, secondo tali conclusioni, fare predominare il concetto di offensiva continua, mobilità e manovre aggiranti. Occorre togliere al fante il concetto d’una indispensabile preparazione d’artiglieria, poiché da questo concetto derivano ritardi, lentezze e finalmente la guerra di posizione per mancanza di contatto col nemico. In queste avanzate di fanterie con o senza artiglieria si deve compensare la inferiorità di numero e di materiale mediante lo sfruttamento pronto e metodico delle armi automatiche. L’utilizzazione sapiente del terreno deve permettere dei continui tentativi di manovre sui fianchi allo scopo di intimorire il nemico e costringerlo con l’aggiramento ad abbandonare le sue posizioni. Le recenti manovre inglesi diedero invece una particolare importanza ai carri di guerra. In Inghilterra è divenuta popolare la frase del generale tedesco von Zehl: «Noi non slamo stati sconfitti dal generale Foch ma dal generale tank ». Tanks, tankette, autoblindate e automitragliatrici, reparti di fanti autoportati furono l’oggetto d’infinite esperienze. Pur intensificando la meccanizzazione dell’esercito, lo Stato Maggiore inglese non seppe giungere all'abbandono definitivo dell’Arma della cavalleria. Questa è costituita di due reggimenti della guardia e venti reggimenti di linea. Ogni reggimento ha due squadroni di sciabole e uno di mitraglieri su autocarri. Una parte dell'equipaggiamento del cavaliere viene portata dall’autocarro. Il carico del cavallo è diminuito di quattordici chili. Si stanno però trasformando due reggimenti di cavalleria in squadriglie di autoblindate. I tecnici inglesi studiano i problemi complicati delle riparazioni, della benzina e del munizionamento che i carri di assalto impongono necessariamente. Per riparare e rifornire le tanks, che hanno ognuna ottomila pezzi e portano quattrocento litri di benzina, occorrono officine e magazzini mobili ampi e non vulnerabili. Credo opportuno studiare con spirito obbiettivo l’ultima guerra per trarne alcuni insegnamenti e poi slanciarsi in una concezione di conflagrazione interamente aviatoria dominata dal tempismo e dalla sorpresa e per questo rapidissima. L’ultima guerra c’insegna che ben lungi dallo sparire, l’uso dell’arma bianca vi si é sviluppato parallelamente al tiro a distanza ed alle macchine di guerra. E’ quasi impossibile stabilire mediante statistiche l’uso e l’efficacia dell’arma bianca, poiché le sue ferite determinano quasi subito la morte. Nella guerra russo-giapponese su 100 feriti giapponesi ve ne erano 97 colpiti da arma da fuoco, e 3 da arma bianca. A questi 3 però occorre aggiungere i morti da arma bianca non registrati. Il fucile ’91 può raggiungere teoricamente 24 colpi al minuto, la mitragliatrice 200 e 300 colpi al minuto, la pistola-mitragliatrice 1000 colpi al minuto; nondimeno la baionetta rimane sempre uno spauracchio sicuro quasi quanto il lanciafiamme e quasi quanto la tank. Nell’ultima guerra la fanteria non potendo vincere le difese preparate, creò la guerra di posizione, lasciando il sopravvento alle bombarde e ai cannoni. La fanteria rintanata, mantenne per sè il compito grave di snidare in un secondo tempo le mitragliatrici sopravvissute. Il fante ardito di domani, senza trincee nè reticolati, condannato dalle offese aeree ad una perpetua mobilità dovrà conquistare e difendere posizioni sotto gas venefici, scheggie e pallottole di mitragliatrici. Gli occorrerà una lunga educazione tecnica per manovrare con intelligenza pistole automatiche, lanciabombe, lanciafiamme e lanciagas. Senza una vera capacità meccanica egli non potrà dare all’arma automatica che sostituisce il fucile, la indispensabile potenzialità di fuoco che rimpiazzerà la lunga gittata. Senza una vera capacità meccanica egli non potrà accompagnare servire o liberare la tank che deve avanzare comunicando radiotelefonicamente cogli aeroplani amici, sotto il fuoco e i gas degli aeroplani nemici. Il fante ardito deve essere inoltre educato ad un eroismo freddo, senza entusiasmi nè timori nevrastenici, per raggiungere un ideale tempismo aggressivo. Portare in sè il tempo come una divinità dominatrice, convinto di non avete mai a sua disposizione i 24 tempi che servivano al fuciliere di cent’anni fa a strappare l’involucro della polvere coi denti e caricare il fucile davanti a un nemico che colpiva raramente. L’automatismo delle macchine di guerra significa inoltre la presenza onnipresente della morte. Così, preceduto da mitragliatrici pesanti, accompagnato da mitragliatrici leggere e da cannoni antitank, avanzando a pochi metri dalla propria tank, senza zaino, con molte bombe nel tascapane, egli deve calcolare tempo e spazio tra pallottole perforanti fumogene e luminose nel meriggio-crepuscolo-notte scoppiante della battaglia futura. Non credo che si potrà giungere anche sotto l’angoscia di un immane sacrificio d’uomini ad una nuova guerra di posizione. Non vedremo più il fante sotto volte di ferro e cemento con la maschera divenuta abituale, osservare mediante un periscopio le pianure soprastanti terremotate dai 305. Le velocità delle autoblindate creeranno avanzate e ritirate fulminee con guadi di torrenti e corse su strade e ponti che il soldato fuggente non sa mai far saltare. Mentre i reparti mobili di fanti arditi meccanici compiranno questa più o meno sviluppata guerra terrestre, è certo che le sorti della patria potranno essere decise velocemente in cielo. Supponiamo che una delle nazioni belligeranti abbia a sua disposizione molte centinaia di apparecchi da battaglia perfettamente equipaggiati e corredati al momento del massimo conflitto diplomatico. Sarà suo stretto compito guerresco lanciarli contro la capitale nemica anche alcune ore prima dell’ultimatum sorprendendola, e avvelenandola dall’alto costringerla a sgomberare per lo meno in parte i suoi abitanti. Bisogna considerare un simile risultato non come una mossa fortunata verso le future battaglie, ma bensì come la prima vittoria della nuova guerra. Lo Stato Maggiore della Nazione nemica subirà la schiacciante perturbante demoralizzazione del popolo atterrito e il panico di vecchi bambini e donne, fra rovine asfissianti, in strade piazze e campagne dove perdurerà la morte. La sua situazione sarà aggravata dall’impossibilità di riordinare la mobilitazione che esige sempre alcune settimane. Se la Nazione attaccante avrà allora la possibilità di rinnovare il primo colpo sulla capitale nemica, determinando una seconda fuga di popolazione e distruggendo il suo principale aeroporto, avrà vinto la guerra e potrà dettare dall’alto le condizioni di pace prima che i reparti di fanti arditi meccanici giungano alle porte delle città nemiche importanti. Le esperienze ripetute dell’ultima guerra hanno provato che la cosiddetta difesa antiaerea con cannoni e mitragliatrici si riduceva a un incommensurabile sciupio di munizioni. La possibilità dei fulminei attacchi notturni rende spesso vana l’opera degli apparecchi osservatori-fotografi e poco efficace il contrattacco dei caccia. Occorre perciò ridurre di molto la preparazione in questo senso, per concentrare invece tutte le energie finanziarie della Nazione su tre scopi: 1) La dotazione di maschere a tutti gli abitanti delle principali città minacciate. 2) La creazione di grandi aeroporti e depositi di combustibile sotterranei; 3) La massima quantità di apparecchi di battaglia blindati, armati di mitragliatrici e capaci di portare molte bombe venefiche e batteriche. Questi apparecchi da 4, 6, 8000 HP. devono essere seguiti da numerose officine automobili per il munizionamento, le riparazioni e il cambio dei pezzi, tenendo conto che per mantenere in linea cento apparecchi occorre averne 300 e costruirne 100 al mese. Come giustamente osserva Doubet nel suo libro Il Dominio dell'Aria, questi apparecchi possono avere una velocità limitata, ma debbono poter salire a seimila metri per scavalcare le Alpi prima che il nemico le scavalchi lui e distrugga i nostri centri industriali e i nostri nodi ferroviari dell’Alta Italia. Constatiamo infine che fra tutti i possibili belligeranti la Germania, nazione vinta, non avendo potuto passatisticamente appoggiarsi (come l’Italia, la Francia, l’Inghilterra) sull'esperienza della guerra passata, costretta a risolvere il problema guerresco futuristicamente, ha preparato una aviazione civile con un tipo di apparecchio che può trasformarsi nell’ideale tipo di apparecchio di battaglia adatto alle necessità della guerra futura. A queste necessità l'Italia fascista, pur volendo la pace, si prepara intrepida. F.T.MARINETTI