ENRICO PRAMPOLINI Arte polimaterica (VERSO UN'ARTE COLLETTIVA?) PREMESSA DELL'ARTE POLIMATERICA La creazione artistica, dalle prime civiltà ad oggi presenta una continua evoluzione dei mezzi d'espressione e degli elementi di interpretazione destinati a commuovere la collettività. La storia ci ricorda che il fenomeno artistico è legato alla vita dei popoli e che la rappresentazione della figura umana è sempre stata a servizio di una ideologia. Questo si nota specialmente nelle epoche delle grandi rivoluzioni spirituali o sociali in cui le nuove verità che s'impongono potranno solo perpetuarsi nel tempo e nello spazio, a condizione che esista un accordo-armonico tra lo sviluppo intrinseco dell'arte e la idea che essa è chiamato ad esaltare. Siamo veramente di fronte al tramonto definitivo del romanticismo con le sue avventurose esperienze (1). L'arte del secolo XIX pretendeva infatti di vivere nella tradizione negando le sopravvenute rivoluzioni estetiche mentre l'inizio del XX secolo, aperte le aspirazioni dell'anima collettiva verso il nuovo intende meglio del precedente che cosa sia lo spirito della tradizione. Ma se le nuove tendenze hanno creato questa libertà di azione e di pensiero nei riguardi della tradizione hanno anche sconvolto i valori universali della creazione artistica. IL «QUADRO DA CAVALLETTO» ULTIMA ESPERIENZA ROMANTICA Si sarebbe tentati di rivedere l'evoluzione pittorica dai Primitivi alle recenti espressioni artistiche ― le più estremiste ― per dimostrare come da quelli nacque linguaggio plastico, adeguato ad un ideale determinato, che fece delle loro opere un esempio tipico di equilibrio supremo fra la rappresentazione della materia e la espressione dello spirito. La calma e la profonda bellezza di quelle opere era dovuta anche alla loro funzione ambientale in quanto ogni linea ed ogni forma e colore rispondevano al significato della composizione. Prima di considerare l'elemento plastico da raffigurare, i Primitivi si preoccupavano dell'architettura che doveva inquadrare le loro concezioni. Sceglievano poi le forme nella natura intima delle cose facendo ripercuotere l'eco del loro spirito fra le superfici delle costruzioni da animare. Questa purezza ideale del sentimento nella pittura murale dei Primitivi fu poi alterata nei secoli a venire dalle perfezioni del Rinascimento e dall'esasperazione dal Barocco, che intendevano aggiungere alle convenzioni unicamente plastiche dei Primitivi, delle preoccupazioni di ordine scultoreo e architettonico con lo sfoggio dell'anatomia, e della prospettiva, degli scorci ed infine del virtuosismo del mestiere. Ecco così i contorni, fatti per sostenere i contatti e i parallelismi con l'architettura infiacchirsi, e una virtuale presunzione delle forme tridimensionali generare il disordine dei valori plastici primordiali e funzionali. La pittura, sebbene, destinata ad inquadrarsi con l'architettura finì per non essere più parte integrante di questa, e giunse auspice ― l'ingannevolezze appaganti del mestiere ― fino a conformismo del tronfio realismo ottocentesco. La pittura, perduti i rapporti con l'architettura, cioè con la vita, si decompose, annunziando fatalmente il trionfo del frammento, l'avvento del quadro da cavalletto, dell'espressione individualista. I borghesi del sentimento ― i romantici ― continuarono a lungo a speculare sopra questa misera superficie di pochi centimetri quadrati, illudendosi di poter riassumere in un rettangolo di modeste proporzioni ― evaso dalla ambiente funzionale ― la potenza suggestiva del linguaggio plastico dei primitivi o dei classici, di coloro cioè che a contatto con Dio o con la terra, con l'immagine plastica o con l'architettura, avevano veramente compreso il compito umano dell'arte. La generazione dei borghesi del sentimento, cioè dei pittori e scultori dell'800 e 900, che attribuisce al «quadro da cavalletto» e al frammento pittorico o plastico valori universali, è in agonia. L'agonia è lenta, ma la certezza di questa fine è sicura. Noi italiani, precursori di ogni indirizzo artistico e plastico, abbiamo già da tempo denunziato questo stato di cose e affermato la necessità di arginare l'attuale disorientamento nella pittura e nella scultura con la sopra-valutazione e sopra-produzione del quadro. DAL FRAMMENTO ALLA COMPOSIZIONE La libertà di ricerca di questi ultimi anni e il contributo dei maggiori artisti e delle loro tendenze hanno arricchito singolarmente la nomenclatura plastica delle arti così da permettere manifestazioni di ampio respiro. Di che natura sarà questo indirizzo verso la composizione? Sarà un ritorno all'arte morale sarà un ritorno in senso lato all'ideale bizantino o gotico? A un primitivismo? A un Primordialismo? Certo che la diafania lineare cromatica dei bizantini e le elucubrazioni plastiche dei gotici avrebbero buon gioco per i poveri di immaginazione, ma noi, mantenendo intatto lo spirito creatore della nostra razza non dobbiamo compiacersi di ritorni, ma volgersi all'ideale della nuova civiltà nascente (scientifica?) ricca di espressioni suggestive. Noi pittori italiani siamo per istinto dei costruttori, dei classici, in antitesi ai pittori nordici. Noi, al frammento, all'intimismo e al psicologismo abbiamo sempre opposto le grandi proporzioni e le esteriorizzazione della forma. Alla nozione di intensità dei primi, abbiamo sostituito la nozione della bellezza ideale profonda; al dramma dell'espressione abbiamo preferito il lirismo della forme. Ma da tempo il lirismo e il dramma hanno disertato la pittura e la plastica, perché se c'è stato un meraviglioso sviluppo di ricerca e tecniche ― dal lato sensibile e formale ― si sono perdute ― salvo eccezioni ― le facoltà di organizzare superfici prestabilite e con oggetti imposti, gli elementi della rappresentazione. La nuova architettura funzionale esige una altrettanto nuova e assoluta interpretazione plastica delle vaste superfici spaziali; è naturale quindi che ad una nuova espressione architettonica corrisponda una adeguata e nuova espressione plastica. Spiritualizzare la materia e orchestrare armonicamente sopra le superfici spaziali, destinate ad esaltare con il contrasto vivo e diretto delle materie stesse le visioni umane della nostra epoca: ecco il potere suggestivo e rappresentativo delle composizioni polimateriche, di questa nuova espressione plastica il cui a venire e indiscutibilmente legato alle grandi epoche costruttive che sono quelle dei grandi interrogativi sociali dove l'artista se illuminato da una nuova fede può far dell'uomo un Dio (2). INTRODUZIONE ALL'ARTE POLIMATERICA Arte polimaterica: nel forgiare questa parola ho inteso definire e riassumere una serie di esperienze personali sulle arti plastiche, che vanno dal 1912 ad oggi. Non esiste una genealogia diretta, né una primogenitura dell'arte polimaterica. Nel tempo se vogliamo, si possono incontrare dei vaghi addentellati in proposito nelle applicazioni eterogenee di alcune maschere dei popoli primitivi o nei loro simboli totemici, mentre ai nostri giorni dobbiamo senz'altro riferirsi ai papiers-collés dei pittori futuristi e cubisti (1911-1914) (3); i così detti collages dei dadaisti (1917) e dei surrealisti (1928) o alle loro sculture-d'oggetti (1933) (4). Manifestazioni non tutte intenzionalmente artistiche; indeterminate e sporadiche alcune, evasive ad ogni concezione plastica le altre, nelle quali l'elemento materia o l'elemento estraneo al colore intervenivano incidentalmente, per ragioni utilitarie o a scopo polemico. Sebbene nelle esperienze delle suddette correnti artistiche novatrici esistesse la volontà di arricchire la tavolozza con elementi extrapittorici, (come ad esempio: biglietti da visita, giornali, caratteri tipografici, carta da parati ecc.) tuttavia vi si poteva notare un aprioristico errore di principio: l'eterno compromesso tra illusione e realtà. La preoccupazione di voler gareggiare ancora con la pittura o, comunque, il desiderio di creare un rapporto fra pittura ed elemento applicato (grafico o tipografico arabescale) rimaneva sempre un problema esclusivamente di ordine visivo, di competizione plasticamente epidermica. Si trattava di reagire violentemente e con dichiarato coraggio all'atavica nostalgia del pittore per il colore, dalla realtà pittorica, anche la più trasfiguratrice. Si trattava di portare alle estreme conseguenze il concetto di sostituire, totalmente e integralmente, la realtà dipinta con la realtà della materia. Di intuire il valore emotivo ed evocatore delle materie stesse nel loro gioco ritmico spaziale. L'estremismo, senza concessioni, nei compromessi, delle mie prime esperienze polimateriche ― che in principio furono considerate paradossi plastici perfino dagli iniziati, ― confermò la mia fede nei valori peculiari della creazione polimaterica, e mi offrirono pertanto la possibilità di stabilire una nuova nomenclatura di valori plastici destinati poi ad ulteriori sviluppi (5). Il polimaterico (6) da mezzo di espressione individuale si avviava a divenire mezzo di espressione collettiva e poteva quindi resistere ad un concetto formativo di investigazione estetica e di affermazione artistica. L'arte polimaterica è una libera concezione artistica che si ribella contro l'usata e abusata adorazione del pigmento-colorato, mesticatore, sofisticatore, mistificatore; contro la funzione dell'illuminismo ottico dei mezzi pittorici, dai più reazionari ai più rivoluzionari. Fare assurgere le materie ― le più impensate ― a valore sensibile, emotivo, artistico, costituisce il più intransigente presupposto critico alla nostalgia, romantica e borghese tavolozza. Quanti secoli, e quanti chilometri quadrati di pittura pesano sull'umanità? Da questa fine del sentimento del colore nasce un nuovo sentimento: quello del lirismo della materia. L'ARTE POLIMATERICA NON È UNA TECNICA MA ― COME LA PITTURA E LA SCULTURA ― UN MEZZO D'ESPRESSIONE ARTISTICA RUDIMENTALE, ELEMENTARE, IL CUI POTERE EDUCATIVO È AFFIDATO ALL'ORCHESTRAZIONE PLASTICA DELLA MATERIA. La materia intesa nella propria immanenza biologica, come nella propria trascendenza formale. La materia-oggetto, nei suoi aspetti rudimentali poliespressivi; dalla più umile ed eterogenea (quasi relitto di vita) alla più raffinata ed elaborata (manualmente o meccanicamente). La materia-organismo: parte integrante della composizione polimaterica, i cui elementi formativi tendono a esprimere la continuità nella discontinuità, la dissonanza e l'assonanza di rapporti. Rapporti che, operando per contrasto, non valgono esclusivamente per la forma dell'elemento-oggetto, quanto per la presenza biologica della materia stessa. Concezione infine che sfida l’ aprioristico e superato concetto del bello e dell'eterno nell'arte. «L’ephémere est eternel» (7). In questo apparente paradosso c'è la verità assiomatica di un principio estetico e filosofico. Effettivamente l'essenza di un'opera d'arte, non risiede nella durata temporale del prodotto (pittura, scultura o polimaterico), quanto nell'espressione, cioè nell'attimo spettacolare della visione (8). Nel polimaterico, infatti, il valore evocativo si manifesta inversamente alla reazione visiva esterna, poiché opera nelle regioni irrazionali dello spirito. Introspezioni e investigazioni ― che nella sfera delle arti plastiche ― creano dei sistemi, delle costanti di reazioni interne, le quali producono loro volta ― successivamente e simultaneamente ― i fenomeni della meraviglia, della sorpresa, del miracolismo spettacolare. Da questa magia della materia, nelle sue apparizioni bioplastiche, nasce il nuovo incantesimo dell'arte polimaterica; del polimaterico. La facoltà di scelta della materia-oggetto, da parte del polimaterista (9) è, quella che distingue e caratterizza la sua personalità, la quale deve possedere ed essere posseduta in grado superlativo da intuizione, sensibilità e dal senso stereognostico. Il polimaterista dovrà creare in uno stato di automatismo quasi medianico. L'apparente accusa di intellettualismo che si potrebbe muovere verso un tale processo creativo, cade, quando si pensi che ― spaesato dagli elementi indiretti ― esso non è che un atto-puro di emanazione diretta; primordiale, se si vuole, elementare, dove convergono e coincidono le facoltà sensoriali e quelle affettive. Dalla confluenza di queste due dimensioni, una fisica (tattilismo ottico), l'altra psichica (calcolo delle influenze), ha origine la caratteristica bidimensionalità emotiva dell'arte polimaterica, il cui valore suggestivo lo ritroviamo nella segreta risonanza della transustanziazione della materia. In questa segreta risonanza sta tutto il significato della soggettistica del polimaterico quale espressione d'arte pura. Questa soggettivistica, è primordiale quanto rudimentale è la tecnica. Il soggetto è suggerito da uno stato d'animo dell'artista a colloquio con la materia: l'artista interrogherà questa o quella materia, ne considererà la loro fisionomia, dovrà apprezzare la casualità e il contrasto fra le materie, il tono elettivo che assumono nel gioco stereometrico della composizione; la quale nasce da un sentimento dell'espressione, e si afferma animistica. FUNZIONALITÀ ARCHITETTONICA DEL POLIMATERICO. Conseguenzialmente, estetica e tecnica, soggettivistica e animistica hanno ― nel senso stereognostico dell'arte polimaterica ― un'identità di rapporti con la dichiarata stereometria dell'architettura funzionale del nostro tempo; e ciò legittima la funzionalità architettonica del polimaterico che, da espressione artistica assoluta e individuale, trova il suo logico e vitale sviluppo quale manifestazione a carattere e finalità collettive. Allarme all'integrità architettonica? Attentato allo splendore stereometrico della nuova architettura funzionale? Ho vissuto ― spiritualmente e materialmente ― troppo vicino agli antesignani e pionieri della nuova architettura (i miei amici Sant'Elia Loos, Le Corbusier, Gropius, Sartoris) per non saper apprezzare il valore delle loro affermazioni teoriche e costruttive. Ho vissuto ― anch'io con loro ― le medesime battaglie e le dure conquiste per il rinnovamento estetico e tecnico delle arti, e con loro non posso quindi ammettere un qualsiasi ritorno o compromesso a concezioni ed espressioni superate. Se Loos nella sua opera fondamentale «L’ornament et crime» lanciò per primo 8sono ormai cinquant'anni) l'anatema contro l'ornamentale in architettura; se Sant'Elia nel 1914 (paragrafo 4° del suo manifesto) affermò: « Bisogna abolire il decorativo. La decorazione, come qualche cosa di sovrapposto all'architettura è un assurdo, soltanto dall'uso e dalla disposizione originale del materiale greggio o nudo, o violentemente colorato, dipende il valore decorativo dell'architettura futurista »; se Le Corbusier nel suo recente libro « Une maison et un palais » ribadisce: « Secondo una logica rigorosa propugnata dai architetti razionalisti, l'architettura razionale dovrebbe escludere il concorso delle arti figurative, ci sarà facile dedurre che, in base a tali affermazioni categoriche non è concepibile una collaborazione fra le arti figurative e ornative e l'architettura funzionale del nostro tempo ». Da queste premesse ― che sottoscriviamo senz'altro ― ogni digressione in materia ci sembra superfluo. Ora ci domandiamo: come dare in diverso modo un contenuto animistico alla costruzione architettonica? Come elevare il tono dell'ambiente, senza dover ricorrere alla collaborazione pretenziosa e agnostica della pittura o della scultura? Non pare a noi che sussista altro mezzo di espressione artistica se non l'arte polimaterica che può, virtualmente, partecipare alla vita dell'architettura funzionale senza violare i presupposti teorici, le esigenze costruttive e i valori stilistici. L'arte polimaterica sta l'architettura, come l'uomo all'ambiente. Il polimaterico non è una sovrastruttura che si applica ai piani o ai volumi architettonici, ma è una continuità organica dell'architettura stessa (ill. pag. 29). La composizione e il complesso polimaterico (organismi animistici dell'ambiente esterno o interno) per le loro caratteristiche strutturali, formate da elementi satelliti (che si muovono dal centro alla periferia e viceversa) non solo non compromettono né forzano la fisionomia stereometrica della nuova architettura, ma anzi, con loro significativo slancio vitale, ne aiutano visualmente la funzione costruttiva. VERSO UN'ARTE COLLETTIVA? Da questi presupposti sull'identità di rapporti fra architettura funzionale e arte polimaterica, fra l'unità d'intenti dell'architetto del polimaterista e dell'artigiano (che interviene talvolta nella realizzazione pratica del polimaterico) appare chiaro il manifestarsi di una tendenza collaborazionista, e l'affermarsi di un principio a finalità collettive nelle arti. Fenomeno sociale del nostro tempo che pone anche le arti al servizio delle masse. L'opera d'arte polimaterica ― risultante da un'armonia collaborazionista ― identificandosi con l'architettura entra in una fase estensiva e intensiva ha funzione etica (10). Espressione artistica connaturata alle esigenze delle società dei tempi nuovi essa è destinata ― per la sua struttura tecnica carattere funzionale ―, a divenire uno strumento spirituale di utilità pubblica. E quale l'ultima finalità? Questa: elevare il tono dell'individuo e delle masse con la presenza in ogni spazio architettonico adeguato (dalla casa-cellula, alla fabbrica, dalla costruzione privata a quella pubblica) di un elemento animistico che parli con un linguaggio plastico suo proprio all'anima collettiva con laborando pertanto al potenziamento spirituale di essa. Conclusosi il periodo romantico ― come sopra abbiamo detto ― con le ultime correnti artistiche rivoluzionarie, superati gli individualismi e la sopravalutazione dell'io e del singolo, (principi che trovano ancora dei sostenitori negli esistenzialisti con a capo il Kierkegaard) l'arte passa da espressione individuale a manifestazione collettiva e si avvia verso una nuova concezione panteistica del mondo e delle cose. I sintomi premonitori di un tale orientamento li troviamo già affermati nel binomio ARTE-VITA. Binomio che s'identifica con quello: TECNICA-ORGANIZZAZIONE. Aspetti mediati del nuovo ordine spirituale e sociale quali si presenteranno alla fine dell'attuale conflitto mondiale. La umanità superstite sarà dominata e ossessionata dalla tecnica e dall'organizzazione. Mentre la civiltà meccanica, giunto all'apice con l'odierna conflagrazione, ha esaurito il proprio compito etico e storico; si delinea l'avvento di una nuova civiltà ― la civiltà scientifica ― alla quale noi, artisti novatori, guardiamo da tempo con fede come ad un mistero svelato, e ad un nuovo umanesimo: un umanesimo scientifico. NOTE (I) Per « avventurose esperienze » si allude alle correnti artistiche rivoluzionarie; quali futurismo, cubismo, espressionismo e surrealismo. (2) Parte di questo testo è tratto dal manifesto tecnico sulla arte murale pubblicato in «Stile futurista», Torino, agosto 1934, in «Natura», Milano, febbraio 1936. (3) Boccioni nel 1911 presentò nelle numerose mostre futuriste, fra le altre sculture (ill. pag. 2) un'opera chiamata «complesso plastico»; primo tentativo di voler impiegare materie eterogenee. Egualmente Severini con il «Ritratto di Marinetti». I papiers-collés di Picasso e Braque ― afferma Louis Aragon ― « fecero la loro prima apparizione verso il 1912-1914, erano saggi giustificati esclusivamente da problemi visivi, o da necessità pittoriche di rapporti grafici ». (4) Nel 1914 alla Galleria Sprovieri di Roma, in occasione della prima mostra internazionale futurista, oltre ad un mio polimaterico (ill. pag. 19) furono esposte due sculture di oggetti di Cangiullo. La prima dal titolo «Poeta in corsa» era sospesa al soffitto con un filo e composta di spazzole, cornici e scatole; la seconda «Filosofo modellato a schiaffi» era composta da elementi eterogenei quali: carta, libri, una rapa che fioriva invece del cervello; dell'ovatta che usciva da ipotetiche orecchie ecc. Questi saggi polemici, giustificabili in quel periodo polemico futurista (1910-1915) sono stati ripresi circa venti anni dopo dai Surrealisti, definendo tali saggi sculture d'oggetti o oggetti fantasma. « Le surrealisme au service de la rivolution », Parigi, n. 3, 1931 (ill. pag. 17). Si noti infatti che nella mostra dei Collages alla Galleria Goemans a Parigi nel 1930, erano esposti saggi di papiers-collés, di collages, e photomontage dei cubisti dadaisti e surrealisti Picasso, Braque, Gris, Picabia, Arp, Man Ray, Mirò, Dalì, Tanguy, Magritte, ma non c'erano né sculture d'oggetti, né oggetti fantasma. (5) Nel 1917 quando Picasso e Cocteau erano a Roma s'interessarono ai miei polimaterici che avevo già esposto anche alla 1° Mostra d'arte indipendente alla Galleria dell'«Epoca» 1917. Queste opere che allora definitivo «Interviste con la materia» furono successivamente esposte in varie mostre in Italia e all'estero (vedi ill. pagg. 20, 21, 22, 24,). (6) Per «polimaterico» s'intende l'opera d'arte polimaterica, come abbiamo le parole pittura e scultura per definire tali opere. (7) Titolo di una opera poetica-filosofica-teatrale di M. Seuphor, letterato d'avanguardia fiammingo, autore di molte opere letterarie e di storia dell'arte, fondatore della rivista «Het overzicht» di Anversa, e della rivista dell'Esprit nouveau (seconda serie), con Paul Dermée e il sottoscritto. (8) A questo riguardo è significativo considerare il gesto polemico del pittore dadaista Francis Picabia, che espose un quadro su lavagna disegnato con gessi colorati da permettere al pubblico di cancellarlo. (9) Per «polimaterista» viene definito l'autore dell'opera d'arte polimaterica, così come c'è il pittore e lo scultore. (10) Dopo le prime esperienze d'arte polimaterica «pura» cioè l'opera d'arte autonoma, ho pensato, fra i primi, alle possibilità che questa espressione artistica avrebbe avuto identificandosi con l'architettura. I primi miei saggi di arte polimaterica legate all'architettura risalgono al 1928 nel ristorante del Padiglione Futurista all'Esposizione di Torino, poi nel 1931 all'Esposizione internazionale coloniale di Parigi. Successivamente dal 1932 al 1940 realizzai in Italia e soprattutto all'estero una serie di polimaterici in funzione architettonica ― sia per interni che per esterni ― destinati alle collettività. Queste opere ebbero una considerevole influenza e sviluppo nell'ambiente artistico, e fra gli architetti una pratica applicazione al di qua e al di là delle nostre frontiere. "Anticipazioni", n.7, serie arti, O. E. T., Edizioni del Secolo, Roma 1944