CARRA’ CONTRO LA CRITICA. Fin dal nostro 1.° manifesto, lanciato nel marzo 910, noi pittori futuristi dichiarammo che i critici sono dannosi o inutili. Noi futuristi disprezziamo la critica nostrana e i metodi rancidi e stupidi che usa per giudicare l’opera dell’artista. (Frastuono, sibili, cipolle). Osservate i loro articoli: sono sempre gli stessi aggettivi, gli stessi luoghi comuni. Lo stesso gergo quarantottesco è un segno sicuro del l’incommensurabile incompetenza dei critici. Le stesse frasi corrono in tutti gli articoli, come per esempio: opera ben disegnata, pennellata pastosa, pennellata grassa, pennellata liquida o diluita, segno fermo e sicuro, colori vivi e via di seguito. Se la critica professionale si limitasse a queste banalità, sarebbe ancor niente. Il male è ben più profondo. E’ inutile denunciare tutte le porcherie che ogni giorno i nostri critici commettono. Non alludo, al denaro che vien dato sotto forma di premi, che pur costituisce ogni anno un discreto gruzzolo di biglietti da mille, che entrano sempre nelle tasche dei soliti compari. Non mi preoccupa la pastetta artistica che all’ombra della critica ufficiale si fabbrica a tutto vantaggio degli artisti più idioti d’Italia. Gli scimiottatori, i copisti più balordi dell’ arte del passato, vengono, dalia critica, incoraggiati nei loro falsi. Sacconi, Beltrami, Boito, Moretti, Calderini ed altre mummie italiane vengono decorati con le più alte onorificenze e chiamati da tutti sommi architetti. Così i valori vengono adulterati e l’opera d’arte, da creazione pura dello spirito, diventa la cosa più scimmiesca di questo mondo. Con questo si spiega la stupida proposta fatta ai giovani architetti da un illustre critico di copiare lo stile del 600 come modello infallibile per le loro nuove case da costruirsi nel 1914. (La pastasciutta copre l’oratore, Carrà se la toglie da dosso e continua). In questo modo la critica italiana ha sempre tradito il suo compito che è quello di servire di trait d’union tra l’artista creatore di nuove forme di bellezza e il pubblico sempre ritardatario a capirle. La critica italiana ha tradito anche l’altra parte del suo dovere che è quello di essere il controllo vigilante sul denaro dei contribuenti, che come ognun sa venne finora sperperato in edifici inutili e a riempire le gallerie nazionali di croste e di pupazzi. Tutti sanno che quando si acquistano dipinti e sculture, italiane o straniere, le commissioni governative, tanto per non smentire le loro sacre tradizioni, si lasciano sempre truffare nel modo più ignomignoso. L’affarismo, e il raggiro dei soliti gruppi di predatori, entrano in gioco, e con abile pressione degli elementi politici, raggiungono i loro disonesti scopi. Proprio in questi giorni abbiamo avuto un esempio del manutengolismo ufficiale con l’acquisto delle oleografie Morelli e C. della galleria Pisani. In questi frangenti, cosa fanno i nostri critici ? Nella loro immensa asineria inghiottono ogni cosa, e si fanno volentieri gl’incensatori del mal fatto. In questo modo altri coniatori di monete false come Lucien Simon, Besnard, Zuloaga. Franz Stuck, Bistolfi, Sartorio, Ferrari, Ximenes, e diciamo pure anche il pachiderma Rodin usurpano fama presso di noi e pompano i quattrini della nazione. (rumore, lancio di patate, arance, carole). Le esposizioni veneziane, tanto strombazzate dai grandi quotidiani, divengono ogni giorno più le esibizioni di tutte le imbecillità artistiche d’Europa. Organizzate dagli uomini più incompetenti d’Italia, le esposizioni veneziane mancano assolutamente di qualsiasi criterio artistico. (Proteste, acciughe) L’impreparazione del pubblico e della critica a capire i problemi dell’arte fa poi il resto. Se per caso vi entra qualche opera viva, noi vediamo ripetersi all'infinito il caso Courbet e Renoir, schiacciati sotto la melanconica derisione dell’imbecillità italiana. Diciamolo francamente : in Italia non si conoscono ancora gl’impressionisti francesi. (non è vero, li conosciamo). Un numero limitato di italiani, che è certamente il più evoluto, si limita ad ammirare il superficiale Cremona o tutt’al più il pallido riflesso impressionista portato in Italia coi macchiaioli. Da noi, si ignora ancora la grande opera di Cézanne, di Matisse e perfino quella del nostro connazionale Medardo Rosso. Se qualche critico ne scrive, lo fa di sfuggita e non si vergogna a chiamarli bluffisti, ciarlatani, pazzi, ecc.... insomma con tutti gli epiteti che la stampa adopera quando parla di noi futuristi. (Strilli. Tromba d’automobile peutt peeeeuuttttt....) Da noi, il timido e tradizionalista Segantini è creduto ancora un terribile rivoluzionario. In questo stato di incoscienza generale come volete giudicare l’opera di noi futuristi che è, lo dico senza complimenti, l’opera più travolgente che mai sia apparsa ? (Evviva la modestia ! — urla un gruppo in platea). In Italia tutto cospira contro il Genio. I grandi quotidiani potrebbero servire come magnifici strumenti di propulsione per una maggiore civiltà, se fossero diretti da uomini meno preoccupati degli affari e più preoccupati dell’avvenire della nazione. Così noi vediamo i grandi problemi artistici, che sono eminentemente problemi nazionali, nelle mani degli uomini meno dotati. (Alcuni giornalisti-critici protestano, succede un baccano indiavolato fra platea e palchi). Con questi metodi giornalistici, si spiega e si giustifica il discredito dell’arte italiana fuori d’Italia. Occorre dare all’italiano moderno il gusto per tutte le cose moderne. Chi ama la vita moderna coi suoi aereoplani, coi suoi automobili, coi treni espress deve sentire una vera ripugnanza per tutte le croste artistiche antiche o false antiche. Occorre creare la moda, se non è possibile la comprensione, per tutto ciò che nell’arte vi è di più avanzato, se non si vuole essere tagliati dalle correnti contemporanee. In Italia, per ora, non è questione di spendere più denaro per l’arte. Noi futuristi comprendiamo benissimo i bisogni che ha il paese, ed è per questo che ci limitiamo per ora a volere che il denaro dello stato e dei privati venga speso in un modo meno bestiale. Ripeto, bisogna creare la moda per l’arte moderna. Non è necessario che il compratore sappia assaporare le squisite vivande che noi creatori prodighiamo ed offriamo. (Urli, grugniti ironici e proiettili innumerevoli). Non dimentichiamo, inoltre, che occorre scindere la filosofia dall’arte. Non dimentichiamo che ogni qualvolta un filosofo fa della critica d’arte, vuol penetrare in un regno che non gli appartiene. (Alcuni Crociani protestano). Codesta corrente viene dalla Germania, da quella Germania che non seppe mai darci un pezzo di pittura, di scultura o d’architettura appena tollerabili. (Da un palco un gruppo di tedeschi urla qualche cosa d’incomprensibile). Dal punto di vista artistico, questa specie di critica è ancora più perniciosa di quell’altra. La critica a base filosofica spinge l’osservatore a cercare nell’opera d’arte, non delle sensazioni liriche poiché queste sfuggono e rompono le barriere della logica, bensì dei concetti ideologici estranei alla sostanza sua e alle sue vere profonde ragioni d’essere. I concetti filosofici servirono sempre ad allontanare lo spirito dell’osservatore dalle sensazioni genuine di pura plastica che l’artista volle cantare pel tramite delle forme. Il curioso è che questo tipo di critica a base culturale, (che da noi usurpa ancora il nome di battagliera) è ormai superata e seppellita nella stessa Germania dove ebbe origine. Noi futuristi ci opporremo sempre ad ogni intrusione sia della bagologia filosofica che della erudizione storica nella critica d’arte. Perciò noi, consideriamo i perditempi critici di Hegel, Schopenhauer, Taine, Tolstoi, Benedetto Croce, Gentile, e quelli di Reinach, Springer, Corrado Ricci, Venturi, ecc. ecc.... come tante cause d’infezione pei giovani (rumori assordanti; l’oratore continua). Bisogna distruggere questa corrente filosofante e storicheggiante nella critica d’arte se si vuole realizzare in Italia una grande epoca artistica. Non dimenticate la ridicola scoperta di quell’illustre critico-filosofo tedesco, il quale scrisse che il predominio della forma triangolare nell’architettura, nella pittura, e nella scultura degli indigeni brasiliani si spiega ad evidenza col fatto che le loro donne per coprirsi il sesso usano d’un pezzo di stoffa triangolare. Critici di questa forza sono su un piano di sensibilità inferiore a quella del più rozzo e retrogrado contadino. La critica d’arte fatta a base filosofica ed erudita altro non è se non un’enorme pisciata di boriose chiacchiere (sibili, pernacchi, trombette, vocìo indescrivibile). (L’oratore sporgendosi alla ribalta tuona indignato) : Ogni popolo ha il governo che si merita. Ogni popolo ha la critica che si merita. Però oggi il popolo italiano ha un’arte che non merita affatto : L’arte futurista. Il pubblico italiano è rimasto alle chitarronate sentimentali d’un Michetti, d’un Mancini, d’un De Maria, d’un Carcano, d’un Tito e di altre vergogne nostrali. La critica italiana in tutte le sue forme svariate d’imbecillità, tiene bordone al pubblico, e davanti alle opere futuriste rimane come quel ciuco, il quale, abituato a mangiare paglia, rimase disorientato allorché gli venne offerto un bel mucchio di biada. Tutti indistintamente i critici italiani, per il male fatto al paese e alle sue vere energie artistiche, meriterebbero di essere fucilati nella schiena, sulle pubbliche piazze. E tutt’al più, per compensarli della loro monumentomania effigiati sul luogo in bella materia fecale. (Applausi, fischi, agitazione generale).