MOLTIPLICHIAMO I SARDI PRIMO MATERIALE DI GUERRA Manifesto Futurista pubblicato nell'8° numero del giornale "L'Italia Futurista" (Via Brunelleschi, 2 - Firenze) Deputati d'Italia! L'Italia rifulge di una nuova bellezza: dalla Sardegna decrepita, devastata da mille mali cronici è venuto un grido formidabile di giovinezza, di fede, di ardore. L'isola (mai questa parola ebbe significato più tragico) è riuscita a vincere lo spasimo di solitudine morale, affermandosi spiritualmente matura... e mettendo in prima fila, tra i più forti per nervi, per muscoli e per volontà fattiva, i suoi sardi stupefacenti. I sardi si sono dimostrati primo materiale di guerra indispensabili per il compimento di tutte le nostre aspirazioni nazionali ad ovest e ad est. Questa è l'ora propizia per ricordare agli italiani che non deve più il Tirreno essere un deserto per la Sardegna. E non devono più essere tollerate dagli uomini generosi le panzane che sulla Sardegna vengono ripetute, sulla fede di chi scioccamente vi ricerca un conforto che in un paese soltanto agricolo non può esserci, o di un pretore malcontento che in Sardegna non ha maniera di affermare la sua virilità se non ammogliandosi. Asini! Asini! Asini! Nei Baedeker l'Italia è maccherone-brigante-analfabeta-dolce far niente-albergo-stalla-mandolino-di brevi entusiasmi-sporca. A chi vi legge il Baedeker voi sputate oggi in pieno viso, perchè vedete ciminiere, piroscafi, dinamo, energia, genio, futurismo, e vedete quello che non c'è ancora tra Cormons e Punta-del-Passero, ma che ci sarà.... Nel cervello continentale sta da mille anni scritto un Baedeker Sardo. Apatia-fecondità meravigliosa-tesaurizzazione-cenerentola-irreducibilità all'idea cooperativista-mastrucca - genealogia di avi galeotti-vendetta-bassa statura-analfabetismo, e banditi banditi banditi.... Volete farmi il favore di sferrare un pugno sulla zucca inconcludente di chi riduce a simili asinerie la Sardegna? Gli italiani che così ne menomano la stupenda figura morale, hanno letto Grazia Deledda e Niceforo e sono estremamente somari. Grazia Deledda è un'artista Niceforo è un dolicocefalo tedesco rincoglionito. Né gli artisti né i rincoglioniti fanno testo. Ciò che la Sardegna è oggi. La Sardegna non conta 800 000 abitanti. Ebbene in Sardegna 40000 agricoltori si sono saputi federare, in quattro anni, raccogliendosi attorno a numerose cooperative di credito e di produzione, smentendo così, in breve tempo, la leggenda della sua refrattarietà all'associazione. Questo suo sforzo verso la conquista della salute agraria, riequilibrerà la bilancia commerciale che nel 1912 segnava circa 11 milioni di importazioni di fronte a circa 7 milioni di esportazioni di cereali, farine e prodotti vegetali. Oggi l'aratro meccanico rompe la terra di chi si può permettere questo lusso: la luce elettrica entra in case di braccianti: i monelli di Cagliari capiscono più la musica che un professore di Santa-Cecilia: il pastore barbaricino scolpisce le zucche e i cassoni meglio di un vincitore del pensionato artistico: se studia il diritto fa testo: se si dà al canto: trionfa: se si impiega dà l'impressione di un onest'uomo: se si ammoglia è fecondo: se è colpito, angariato, soffre virilmente: se il Governo lo visita, sorride: se va in guerra, vince sempre. Ma la Sardegna ha un suo dizionario tragico: 1. Malaria (99 % di Comuni infetti). - 2. Pauperismo (Media infima di salari, di agiati).-3. Povertà demografica (32 abitanti per kq.). Solitudine. - 4. Siccità (Circa 600 giorni pioggie in due anni). - 5. Cavallette (inquiline della siccità). - 6. Incendi (kq. di boschi in fiamme ogni estate). - 7. Straripamenti (Tutti i fiumi a carattere torrentizio). - 8. Afta epizootica. Filossera.- 9. Commissioni governative; studi del genio civile; affarismo parlamentare; assenza di abilità politica. Questi mali hanno una loro tremenda concatenazione. Lo spopolamento rende costosissimi i trasporti. La velocità adora le folle dense di uomini ricchi. Pensate a quale ristagno di sviluppo dà luogo in una metropoli la mancanza di una carrozzone elettrico e pensate poi alla lumachite dei treni sardi, dei piroscafi e delle autorità. Uomini e cose segnano lo stesso passo autorità ruminano sempre le stesse cose di difficile digestione. Le novità della vita materiale e dello spirito moderno vi penetrano a passo di burocrazia. Pensate se sono celeri. La lentezza del movimento non comunica impulso vitale alla ricchezza. Spessissimo non ci sono strade da paese a paese. In questo deserto lavorano l'uomo e la malaria. La malaria colpisce un terzo della popolazione in forma violenta; la colpisce tutta in modo indiretto, predisponendola alla tubercolosi e facendole pagare spesso con la vita i tentativi di sfruttamento delle ricchezze terriere. Ecco perché i premi del Ministero d'Agricoltura ai proprietari che tentano la colonizzazione mi sembrano premi di assicurazione sulla vita. Dove non ci sono coloni, ci sono molte terre sterili. L'isola ha due terzi della sua superficie incolti. Ma dove è coltivata sta in agguato la siccità. Spaventevole. Due anni fa perirono di sete anche le quercie secolari. L'acqua per l'isola arrivava dal Serino. Se la siccità dà tregua, l'acqua dei fiumi si rovescia sulle campagne, trascinando con sé gli alberi, le semine, le greggi. Tutti i fiumi sardi sono i naturali alleati della malaria: quando non allagano l' isola, mostrano il loro lungo budello arenoso dove non c' è acqua abbastanza per i grani e per gli uomini, ma ce n'è a sufficienza per le Esanofeli. Nella torturata faccia delle pianure campidanesi, quando gli incendi e i torrenti hanno risparmiato qualche cosa, arrivano come treni diretti, come nembi di nuvole nere, le cavallette. Segano gli arbusti, potano le fronde fanno dei frutteti nude selve di antenne: rapinano i pascoli, e il pastore, per non far morire il gregge, brucia, per avere dell'erba, quei boschi che la speculazione dei carbonari ha risparmiato. In questo sfacelo vigila la tignosa volontà politica dei grandi elettori isolani che chiedevano un seggio nel consiglio provinciale, un posto nei Ministeri, una concessione per rivendita di privative e una croce di cavaliere.... Su poveri e su ricchi (nei ruoli) persistente e inflessibile come un orologio a cuculo, l'esattore. Pestello che batte dentro un mortaio vuoto e lo intacca In un paese di 1800 agricoltori, ha creato il suo capolavoro fiscale: 300 subaste in un anno. Sequestrò ai miserabili visitati dalla siccità, dal fuoco e dalla febbre, le tegole delle case di fango. Questo l'inferno, che l'abitudine fa sembrare meno orrido agli isolani: questo il paese dove il sardo, che lotta ogni giorno per non morire, è apatico. Questo il paese che marca visita. Sardegna Cenerentola. Il Governo si contenta dunque di mandare in Sardegna l'esattore, i magistrati puniti, i carabinieri reali e i prigionieri austriaci ? Asinerie anche queste. Io ho a casa chilogrammi di provvedimenti in favore dell'isola. Molti decametri quadrati di progetti del Genio Civile. E una biblioteca di libri che la decantano. Ho parlato, a Roma, con tutti i vecchi parlamentari. Tutti hanno contribuito con la penna e con la parola a divulgare la nozione dei problemi isolani: tutti aderiscono platonicamente all'augurio di una resurrezione sarda. Perchè la Sardegna è amata. I cacciatori l'amano per le ricche selvaggine: i giornalisti per la originalità dei costumi: i generali per l'intrepido coraggio dei suoi figli: le affittacamere per la puntualità dei sardi nel pagare la pigione: i poeti per l'umanità verginale della sua popolazione: i ministri per la fedeltà politica: i direttori di miniere per l'operosità dei minatori: e tutti, in genere, per quelle virtù caratteristiche del sardo che fanno di lui l'amico fedele, l'ospite generoso, il commerciante leale. Quest'amore ha generato tutta una romanticheria che deve essere abbattuta, e tutta una serie di provvedimenti governativi, affrettati, sconnessi e imperfetti. Bisogna tornare a Cavour che voleva mobilitare parte delle ricchezze dell'Italia per risolvere in modo armonico tutti i problemi sardi, partendo dal concetto che essi formavano una vasta e formidabile questione nazionale. Ciò che il Governo ha fatto per la Sardegna. In un primo periodo, l'antico regno Sardo ha fatto strade magnifiche e gettato le basi di tutti i progetti che ancora vengono studiati. Poi i bisogni della nuova Italia, fecero convergere giustamente, gli sforzi tenaci della politica a più urgenti problemi. Dagli anni del plebiscito fino al 1906 i governi hanno fatto inchieste: Il grido di dolore dell'isola sarda si perdeva nel tumulto dei bisogni continentali. La febbre di crescenza delle cento città peninsulari faceva affluire il sangue delle arterie nazionali nei punti più sensibili socialmente e politicamente. In quel periodo, durante il quale per l'incredibile disordine della vita sociale isolana, imperversò il banditismo con spaventevole violenza, culminando nel conflitto di Morgogliai, era, da un punto di vista nazionale, logico e giusto che l'Italia la trascurasse. Tuttavia gli studi minuziosi, fatti in quel periodo dai parlamentari, contenevano in germe i futuri provvedimenti governativi. Nell'ultimo decennio, ministro Cocco-Ortu, fu dettata la prima serie di leggi-speciali per l'isola. Il Governo ha fatto accelerare le comunicazioni: ha dato mano a bonifiche di terre malariche: ha facilitato il sorgere di edifici scolastici, di opere di igiene, di acquedotti, di scuole classiche: ha dato premi agli agricoltori: ha abbuonato imposte: ha mandato nell'isola pretori e carabinieri: ha istituito uffici burocratici speciali (ohimè!): ha sovvenzionato le società di trasporti ferroviari e automobilistici: ha tentato la colonizzazione: ha distribuito largamente il chinino ai malarici poveri: ha dato concessioni di miniere: ha assestato le finanze di molti Comuni: ha creato Casse ademprivili: ha istituito le utilissime Cattedre ambulanti di agricoltura; ha sorretto l'industria del bestiame, si è interessato alla selezione dei cavalli sardi: ha scavato pozzi artesiani. Questa attività è disconosciuta perchè non è tutta utile, logica e sapiente. Basti dire (ricordo lo sbaglio di attualità) che il pozzo artesiano arido ha ucciso l'acquedotto. Perchè l'opera statale è sconnessa? Perchè frutto di arzigogoli di bilancio. Accade sempre che per risparmiare 100000 lire (che risolverebbe per sempre una difficoltà), si cerca di spenderne 1000000 in un palliativo. Fino a che il problema sardo non diventerà, nella coscienza del paese, problema nazionale di massima urgenza, mancherà ai sardi la forza politica e sociale di pretendere i mezzi necessari alla risurrezione dell'isola. Questo mi pare il momento migliore per tentare quella rivoluzione della mentalità governativa, che io credo necessaria a mettere nel giusto binario la questione sarda. I diritti della Sardegna. La risurrezione di un paese non ebbe mai origine da impulsi sentimentali. La Lombardia è quello che è per le sue pianure, per la sua posizione topografica, per la volontà dei lombardi; Venezia non è più quella che era malgrado la passione che ogni italiano sente per lei. Non a caso io ricordo Venezia. Forse, tra breve, la città lagunare, se non vedrà empiti i suoi canali per facilitare il transito della velocità moderna come vorrebbe l'amico Marinetti, risorgerà a potenza commerciale e industriale, per l'impulso dell'amore italiano. Io lo auguro all'Italia e in odio all'Austria. Ma se Venezia risorgerà, la sua risurrezione sarà dovuta, contro alla logica, proprio al sentimento, sentimento sorretto dalla coscienza dell'interesse nazionale al suo sviluppo. La Sardegna dovrà contare su una forza sentimentale più che politica. Se prima della guerra si poteva dubitare del suo alto valore, oggi noi sardi abbiamo il diritto di domandare: - Saremo dove siamo senza i soldati sardi? - La risposta al nostro grande Cadorna. E questa risposta sarà la nostra forza. Il patriottismo e l'eroismo dei Sardi. La energia più utile, in quest'ora, è quella bellica. Sardo è sinonimo di guerriero ideale Ha pazienza. E docile al comando. Ha un fegato antiaustriaco per eccellenza. Negli assalti ha l'impeto delle bombarde. Gli austriaci lo hanno capito a Col di Lana, sul Sabotino, sul San Michele, sul Sief, a Monfalcone. E lo sa Cadorna. E' sardo Sanna che ebbe asportati gli occhi da una scheggia di mitraglia e disse: «L'ultima cosa che ho visto è l'austriaco in fuga: ho visto abbastanza » . Un colonnello al quale fu chiesto quale soldato del suo reggimento di sardi fosse degno della medaglia, rispose: «Il mio reggimento ». Due soldati trasportano in barella il loro ufficiale ferito: sul corpo dell'ufficiale si distende un terzo soldato, per fargli scudo col proprio corpo sotto la pioggia degli shrapnel . I tre soldati sono sardi. E' sardo il Loy, ragazzo cagliaritano, che cantando il «Ça ira » carducciano esce dalla trincea con pochi conterranei per far cessare il petulante scherno dei nemici ben trincerati. Ma ogni caporale che è stato al fronte può raccontarvi qualche cosa di simile. Io vi posso dire anche altre cose. I sardi hanno attuato la leva in massa. Quelli che non sono stati chiamati, sono partiti volontari. Dall'isola lontana si sono davvero levati i morti per cacciare lo straniero. Un disertore sardo non lo conosco, forse non c'è. Le case dei poveri che si cibano di pane e formaggio, hanno mandato centinaia di quintali di pelli di pecora e di cinghiale, sola loro ricchezza, per difendere dal freddo i soldati. Si sono trovati oltre trenta milioni in Sardegna per contribuire ai prestiti nazionali. Cifra enorme che fa pensare a una offerta non del superifluo ma del necessario. Eppure il sardo ha la coscienza che la guerra avrà l'effetto di arrestare la giÓ lentissima resurrezione dell'isola. Massimo rendimento bellico, spontaneamente offerto, con la sicurezza di ritrarne non utile ma danno. Questa cosa non deve essere. E gli italiani devono dalla constatazione della necessità di usare dell'isola senza risparmio, attingere la persuasione che è un vivo attuale formidabile interesse nazionale il mettere la razza sarda in condizione di moltiplicarsi e di espandersi. L'Italia ha trascurato la sua muscolatura, prima e durante il regno del Cav. Giolitti il sedentario: oggi s'è mossa e s'è accorta che non tutto il suo fascio muscolare era agile, svelto, sodo e che la muscolatura sarda le fa molto comodo. La curi dunque e la renda più ricca di sangue. E subito. Conclusioni futuriste. Ho scritto da poco nel Giornale d'Italia, nella rivista Sardegna e nella Pro Sardegna, che per la risoluzione del problema dell'isola bisogna tornare al progetto di Cavour: bisogna mobilitare le grandi forze finanziarie della nazione per affrontare tutti i problemi in una volta sola. Oggi dirò di più: Bisogna dare alle forze dell'isola quello sviluppo che si dà all'industria di guerra. Trattare l'isola come un enorme deposito di munizioni per la inevitabile futura guerra di domani. Il materiale « uomo sardo » è eccellente e bisogna moltiplicarne la riproduzione. Bisogna mettere il vasto problema sociale-finanziario-demografico sardo fra i problemi di più urgente attualità, e risolverlo con le finanze di guerra, con larghezza coraggiosa e tempestiva. Portare alla superficie l'acqua - debellare la malaria - rendere veloci uomini e cose: trinomio che rinchiude tutte le incognite del problema sardo. E denari denari denari per risolvere le incognite. Polemiche, progetti, simpatie governative, elogi parlamentari, leggi speciali, tutto è inutile se l'Italia non sentirà la necessità di aggravarsi dell'imponente onere finanziario problema sardo esige. Il Governo non ne parli più, con le faccia più promesse. Ma deliberi: La Sardegna è un deposito di ottimo maleriale di guerra: dà alla guerra l'uomo dal cuor di leone e il ferro per cannoni: cancelliamo dunque gli stanziameníi fatti a favore dell'isola nei bilanci dei singoli Ministeri e passiamoli tutti, moltiplicandoli, nel bilancio del Ministero della guerra. Pasuqale Marica futurista