La Dalmazia è italiana, sarà italiana manifesto futurista di PAOLO ORANO Italiani, la Dalmazia è italiana; sarà italiana! La Dalmazia è italiana perchè la divide e la difende dalla Croazia e dalla Bosnia-Erzegovina la propagine decisa delle Alpi nostre, la catena diritta delle Dinariche ; perchè la Dalmazia è a sé sola un versante completo come forse non ve n’à pari pari nel mondo, con fiumi che nascono dai suoi monti e vanno al suo mare. La Dalmazia è italiana perchè la sua vita, la sua forza, la sua ragione d’essere sono sul mare Adriatico e cioè sul mare totalmente latino e italiano e dalmatico, l'Adriatico. La Dalmazia è italiana perchè il suo pensiero e la lingua del suo pensiero sono italiani, perchè quelle medesime Alpi Dinariche che dal monte Velebit al monte Orien, sin sopra a Cattaro, sbarrano la terra croata e bosniaco-erzegovina, limitano anche la forma religiosa dell’anima storica. Le Alpi Dinamiche sono il limite della latinità cattolica. Di là da esse sono i greco-ortodossi e i musulmani. La religione è poco dinanzi alla ragione; è tutto come elemento di razza e d’istinto. È la Dalmazia (per la sua italianità pari in intensità ed in limpidezza a quella di Napoli, di Torino, di Venezia, di Milano, di Genova, di Cagliari, di Roma, di Firenze, di Bologna, di Bari, di Palermo) che dà la forma limite alle terra ed alla razza. Ampliata, radicata sulla vertebra estrema dell’Alpe Dinarica, l’Italia potrà essere e sentirsi sicura da ogni parte nel vastissimo arco delle poderose sue spalle e delle braccia protese. La Dalmazia è la garanzia geografica, etnica e militare del nostro Paese, che nel ventennio s’avvia a raggiungere i cinquanta milioni di figli e vedrà, e deve vederne rampollare e dominare per il mondo entro il secolo ventesimo, cento milioni. L’unità totale, l'indipendenza assoluta, l’autonomia etnica, la libertà commerciale, sono lo scopo preciso di questa guerra, per l’Italia. Fuor che pochi uomini di fede italiani, nessuno in Europa e nel mondo si pensava tre anni fa che il più concreto e più nuovo e più fecondo di risultati mondiali per l’avvenire, della guerra provocata dalla Germania, sarebbe stato il Ricominciamento della Razza Italiana, tutta redenta non solo dal dominio austro-unghe-rese, ma dalla minaccia di cadere un giorno sotto l' influenza e quindi sotto il dominio di altri regimi stranieri, di altri popoli, di altre razze. L’Alpe Dinarica deve essere le fortificazione del Mare contro ogni vecchia e futura tentata prevaricazione straniera. L’Alpe Dinarica deve continuare il duro osso trentino delle Alpi Venoste e Passine e Breonie ed Aurine; deve ricevere la sua missione sacra della vetta del Pizzo dei Tre Signori e obbedire pienamente implacabilmente al medesimo ordine che terrà crinita di cannoni la Cima del Vanscuro, del Tricorno di Monte Nero, di Passo d’Idria, di Passo di Nauporto, di Monte Nevoso, del Bittórai. Italiani, ci bisogna alla sicurezza e-suberante dell’avvenire tenere la cima del Velebit a nord della Terra Dalmata e quella dell’Orien a sud, più alta d’ogni altro cima finitima. Ci bisogna, Italiani responsabili ed operatori, tenere e blindare le isole di Pago e di Arbe e di Veglia e di Lussino, formidabile ponte marino tra Italia e Dalmazia. Dite chiaro e forte e senza sosta, o Italiani, che il polmone della razza respira sin là e sino a quella arteria circola e palpita il sangue della Patria. Ditelo ai nemici ed agli amici, che lo sappiano nettamente, senza campo a discussioni. In questi confini adriatici deve essere e deve creare l’Italia-Stato, l’Italia produttrice, l’Italia ricca, l’Italia marinara, l’ Italia Imperatrice Proletaria. Dite che la visione ordinata della redenzione balcanica non può cominciare che dalla restituzione dell’ intera terra, della totale razza allo Stato italiano. Perchè non vi potrà essere pace, e cioè tramutazione gloriosa di destini, moltiplicazione di fortuna per alcuna nazione balcanica e mediterranea, sino al giorno in cui la redenzione e la riattivazione d’Italia non saranno complete. Dite che la causa d’ogni angoscia sotto il Turco, sotto l’Austriaco, sotto il Croato stava nel soffocamento della razza che ha dato storia e libertà al mondo, la razza italiana. Soltanto l’Adriatico italiano risolve la questione d'oriente, salva la Litinità, chiude per sempre ai tedeschi le vie dell’espansione tirannica sulle razze slave, sigilla di vittoria concreta, di gloria efficace, di giustizia ideale, di pace effettiva questo macello mondiale. O l’Italia avrà la Dalmazia e la guerra finirà; o l’Italia riassorbirà l’orgasmo di altre e più lunghe e più disastrose guerre. Non si evitano la fasi d’uno sviluppo italiano. Durante mille anni i regni e gl’imperi hanno dovuto vincere le loro battaglie in Italia. È venuto il giorno in cui gl’Italiani chiudano per sempre il loro suolo sacro agl’impazzamenti ed alle voracità degli stranieri. La pace europea o sarà la pace italiana, o non sarà. Italiani, dite ai nostri Alleati che guardino con aperti occhi e cuore sincero a questa verità semplice e formidabile. V’è dunque alcuno che possa dubitare del ricominciamento d’Italia? V’ è alcuno che posa pensale sia efimero questo risveglio della razza di Cesare e di Garibaldi, quella che ebbe il coraggio di sfidare il mondo cattolico il XX settembre 1870? Sappiano i nostri Alleati che la volontà italiana non torna più indietro e non è più capace d’una transazione come sono state quelle del Cinquantanove e del Sessantasei. L’Italia ha dato abbastanza, ha dato fino alla crudeltà. Gli Alleati s’illuderebbero credendo che la coscienza italiana ratificherebbe i patti della politica, perchè la politica è una politica, ma la coscienza splende perenne e non posa e non dà requie e ricomincia. È cessata l’èra dei mezzitermini e della storia ridotta a cronaca d’un partito parlamentare. I partiti, le sette, le teoriche, i gruppi, gl’individui che rinunziano alla Dalmazia non sono l’Italia: sono invece il tradimento della Patria, sono il complotto che mette la benda alla giustizia, che taglia i garretti alla guerra redentrice, che eseguisce le intenzioni dello straniero in casa nostra. Gli Alleati non si fidino di quei pedanti, di quei sofisti, di quegli accademici, di quei mestatori che darebbero loro una Italia mutila, ancora una volta rassegnata nella sua mutilazione, una Italia senza la Dalmazia. Non c’è Venezia Giulia, non c’è Istria, non c’è Fiume, non c’è per noi redenzione nazionale completa senza i cinquecento chilometri della costa dalmata, senza le isole dalmate, senza i sessanta chilometri di massima profondità della Terra di San Girolamo. Accettino gli Alleati con ossequio la necessità d’un destino che non poteva essere diminuito e tanto meno soppresso da mille e più anni di dominazioni straniere,dalla invidia papale, dalla sterile faticosa gelosia di razze inferiori ; accettino gli Alleati il punto di vista della totale redenzione etnica d’Italia. Gettino via da loro i libricciattoli perfidiosi e gesuitici degli ermafroditi d’Italia. Credano al cuore vigoroso ed alla mente senza riserve e parentesi degl’ Italiani di buon sangue che parlano la voce antica italiana e manifestano la volontà intransigente della folta fervorosa geniale Italia nuova delle molte vite. Non credano a chi cede loro qualche terra italiana. Costoro sono i mezzani della rissa fraterna del domani, le zitelle paraninfe che combinano il matrimonio per soffiare domani nell’odio mutuo dei coniugi. Credano gli Alleati all’Italia che esige d’èssere compiuta, all’ Italia che proclama la sua volontà d’uscire per sempre dalle lotte nazionali. Questa Italia non sarà più, una volta vittoriosa e intangibilmente seduta sulla sua terra trentina, giulia, istriana, fiumana e dalmata continentale ed insulare, non sarà più ambigua come sinora è parsa. Non è dal giorno in cui è balzata in armi per la sua guerra che l’Italia è finalmente apparsa luminosa d’una nobiltà immacolata, degna di fede, fascinosa, irresistibile? La menzogna del rifiuto, l’ipocresia della transigenza, l’arte delle transazioni politiche in tema di redenzione nazionale, rendevano ambigua l’Italia e il mondo diffidava di lei. I suoi odierni mutilatori, preoccupati delle patrie che debbono venire e delle giustizie che debbono nascere, gli attuali antidalmatisti, gl’insultatori dell' italianità della Terra di Zara, di Spalato, di Sebenico, di Cattaro restituirebbero all'Europa dopo la guerra un Italia in preda a concorrenze di primato e di libertà sull’Adriatico. Essi non credono che, l’Italia abbia la capacità — oltre che il sacrosanto diritto geografico, etnico, storico, politico — di portare la civiltà e l’ordine e la pace robusta dei forti sull’Adriatico! Essi non sono dunque gl’ Italiani con i quali gli Alleati, i quali amano l’Italia, possono avere a che fare; non sono gl’ Italiani nei quali la Francia, l’Inghilterra, la Russia possano credere! Sono una mala pianta spuria che questa generazione si propone d’estirpare, appena le armi della vittoria esterna si possano posare per attendere a quelle interna. Non c’è più modo ad una pace condizionale, ad una vittoria ridotta. Per poi Italiani della redenzione completa, gli avversatori dell’italianità della Dalmazia, o i donatori della Dalmazia ad una patria di fresca recente creazione, entrano nel mucchio con i nemici neri e rossi, i primi dei quali sostengono quell’Asburgo che era la forza e l’obolo del servus servorum e i secondi sostengono quell’Hohenzollern che li stipendia. È tutta una genia, che noi vogliamo abbattere: e l'abbatteremo, serbando fede ai Morti dell’Alpe e dell’ Isonzo, del Mare d’Albania e di Macedonia, crescendo gloria all’alpino Battisti ed al marinaio Sauro. Ora gli Alleati sanno ed esperimentano che non è più con un’Italia romantica che il mondo tratta e tanto meno essi trattano. Questa è l’Italia degli ottocentomila emigranti annui, l’Italia del proletariato più laborioso, più economo, più ricercato, quello che è necessario oltre che agli Stati Uniti — ove l’Italia non romantica ha costruito la più popolosa città italiana : il Quartiere Italiano di New-York —, anche alla Francia, all’Africa del Sud e all’Algeria, all’Asia Minore. Questa è l’Italia che esce dalla fase artigiana ed entra in quella grande produttrice ; questa è l’Italia marinaia di guerra e di commercio non seconda ad alcun altra nazione del mondo per valore e volere. Questa è l’Italia che vuol far da sè e crede nella certezza che di lei hanno detto di nutrire gli Alleati. Dinanzi al bivio; prevalenza italiana o prevalenza d’altri chiunque essi siano nell’Adriatico, gl’italiani non esitano. Ed ecco che essi sono disposti a tutto compiere per vincere. Eccoli milioni e milioni con le armi alla mano, eccoli contro Asburgo per abbattere il colosso millenario sul mare dove solo esso deve morire. Non c’ è stato che Asburgo capace di trattenere l’onda italiana ritornante ai suoi lidi. Nessun altro potrà tentare altrettanto. E l’Italia intende di risarcirsi dell’enorme scandaloso danno procuratole da Napoleone primo in poi da tutti i suoi amici e da tutti i suoi nemici. La Dalmazia è italiana; la Dalmazia sarà italiana. Questo sarà il fatto nuovo sublime e necessario della glande guerra mondiale. L’Italia si prepara a riaprire il volo alle ali di Venezia, prigioniera di Trieste e di Pola austriache. L ’Italia è certa di poter in pochi lustri tramutare di fronte alle possenti sedi navali militari dalmate continentali ed insulari, in tante grandi città produttrici e commerciali, le piccole cittaduzze sbadiglianti del litorale romagnuolo, marchigiano, abruzzese, pugliese. L’Italia è pronta e certa ed entusiasta della sua missione di grande civilizzatrice latina dell’oriente europeo. La Dalmazia sarà militarmente, politicamente italiana. Ripetete, o Italiani, o giovani d’Italia che rinnovate la storia, proclamate questa verità senza requie sul viso ad amici, a nemici, a glossatori gesuitici, a spacciatori di fanfaluche inamidate di serietà all’interno. Gridate alto che l’Italia sarà in guerra e d’armi e d’animi sino al giorno in cui il più fervido sangue di Roma non ricircoli liberamente nelle dalmatiche vene. Gridate alto che mal farebbero Francia ed Inghilterra a credere pacificata l' Italia e i Balcani e l’Adriatico e il Mediterraneo con un qualsiasi trattato di comodità e d’equilibrio, con un patto che escludesse l’Italia dal dominio militare e politico sulla Dalmazia. I diritti, la pace, l’ordine, le buone leggi, la dignità, l’indipendenza, non è l’Europa che potrà darle alle nazioni confinanti coll’ Italia, dall’altro versante dinarico. Non lo potrà che l’Italia. Il problema adriatico non lo potrà risolvere che l’Italia. Tutto il resto è frase ingenua o espediente sottile. Non si discute dei paesi italiani di Storia e di razza e di volontà; essi non trattano che con noi. L’ingerenza europea nel dosare i confini non è il metodo per arrivare alla pace. E che sarebbe dunque la pace di Questo formidabile conflitto senza il consenso dei Dalmati, e il consenso di noi loro fratelli di sangue e d’anima? Giovani d’Italia! La Dalmazia è e sarà italiana. È finito il dominio asburghese sulle terre adriatiche orientali, è superflua la tutela dei congressi diplomatici. La Dalmazia è l’Italia, e l’Italia si governa da sè. Abbiate fede, o fucili dalmati sull’Alpe e sull’Isonzo, e voi deciderete. Viva la Dalmazia italiana! 12 agosto 1917. PAOLO ORANO