DISCORSO FUTURISTA AGLI INGLESI pronunciato al Lyceum Club di Londra Per darvi un'idea esatta di ciò che noi siamo, vi dirò anzitutto che cosa pensiamo di voi. Mi esprimerò con una franchezza assoluta, astenendomi assolutamente dal farvi la corte, secondo il sistema dei conferenzieri cosmopoliti quando schiacciano sotto i loro elogi i pubblici stranieri per rimpinzarli poi delle loro banalità. Uno dei nostri giovani umoristi ha detto che ogni buon futurista deve esser scortese venti volte al giorno. Sarò dunque scortese con voi, confessandovi coraggiosamente tutto il male che noi pensiamo degl'Inglesi, dopo averne detto molto bene. Poiché, sappiatelo, amiamo in voi il patriottismo indomabile e bellicoso che vi distingue; amiamo il vostro orgoglio nazionale, che guida la vostra grande razza muscolosa di coraggio; amiamo il vostro individualismo possente che non v'impedisce di spalancar le braccia agli individualisti d'ogni paese, libertari od anarchici. Ma noi non ammiriamo soltanto il vostro largo amore della libertà. Ciò che più vi distingue fra tutti i popoli è il fatto che voi, fra tante sciocchezze pacifistiche e tante viltà evangeliche, nutrite una passione sfrenata per la lotta in tutte le sue forme, da quella della boxe, semplice, brutale e rapida, fino a quella che fa ruggire sul ponte delle vostre dreadnoughts il collo mostruoso dei cannoni accovacciati nelle loro giranti grotte d'acciaio, quando fiutano, in lontananza le appetitose squadre nemiche. Voi sapete perfettamente come non vi sia nulla di peggio, per il sangue dell'uomo, che il perdono delle offese; voi sapete che la pace prolungata, fatale alle razze latine, avvelena ugualmente le razze anglosassoni... Ma vi avevo promesso delle scortesie, ed eccole: Voi siete, in qualche modo, vittime del vostro tradizionalismo color di medio evo, nel quale persistono, vostro malgrado, un odore di vecchi archivi e tintinnii di catene che imbarazzano la vostra marcia in avanti disinvolta e precisa. Confesserete che ciò è alquanto strano in un popolo di esploratori e di colonizzatori, i cui transatlantici enormi hanno indiscutibilmente accorciato il mondo. Io vi rimprovero anzitutto il culto morboso che avete per l'aristocrazia. Nessuno si dichiara borghese, in Inghilterra: ogni inglese disprezza il suo vicino dandogli del borghese. Voi avete la mania ossessionante di essere sempre chics. Per amore dello chic, rinunciate sempre allo slancio appassionato, alla violenza del cuore, agli scoppi di voce, alle grida e persino alle lagrime. Gl'Inglesi vogliono esser freddi ad ogni costo, dappertutto: al capezzale di una persona adorata davanti alla morte o davanti alla felicità. Per amor dello chic, voi non parlate mai di quello che fate, poiché è vostra regola l'essere agili e leggieri nella conversazione. Quando le signore si allontanano, si parla un po' di politica, ma non troppo: non sarebbe chic. Bisogna pure che tutti i vostri letterati siano mondani, poiché voi non potete concepire un romanzo che non si svolga nell'alta società. Per quanto siate moderni, voi conservate ancora la netta separazione medioevale fra padrone e servitore, fondata su una adorazione assurda della ricchezza. Si suol dire, da voi, che un ricco non viene mai impiccato, in Inghilterra... A questo, aggiungete un disprezzo non meno assurdo per il povero. Le sue forze intellettuali e nemmeno il suo genio, se esso ne abbia vi sembrano utilizzabili. Eppure, voi siete i più formidabili divoratori di libri che io conosca. Non è, però, che un modo come un altro per occupare i vostri ozii. Voi non avete né l'amore aspro e avventuroso delle idee, né lo slancio verso l'ignoto dell'immaginazione, né la passione del futuro, né la sete della rivoluzione. Siete tanto abitudinari, infatti, da credere fermamente a questa vecchia fola: che i Puritani abbiano salvata l'Inghilterra, e che la castità sia la più importante virtù di un popolo. Ricordatevi invece della lugubre e ridicola condanna di Oscar Wilde. L'Europa intellettuale non ve la perdonerà mai. Non gridaste allora, in tutti i vostri giornali, che bisognava spalancare subito tutte le finestre, poiché la peste era finita? Naturalmente, in una simile atmosfera di formalismo ipocrita e abitudinario, le vostre signorine sanno condurre molto innanzi, con una eleganza ingenua, i più audaci giuochi lascivi, per prepararsi con cura al matrimonio, dominio intangibile della polizia coniugale. Quanto ai vostri giovanotti di vent'anni, sono quasi tutti, per qualche tempo, omosessuali. Questo loro gusto rispettabilissimo si sviluppa per una specie d'intensificazione della camaraderie e dell'amicizia, negli sports atletici, prima della trentina, età del lavoro e dell'ordine, in cui essi ritornano bruscamente da Sodoma per fidanzarsi a una signorina sfacciatamente scollacciata, affrettandosi a condannare severamente l'invertito nato, il falso uomo, la mezza donna che non si corregge. Non equivale ancora ad essere eccessivamente formalisti il dichiarare, come voi fate, che per conoscere una persona bisogna avere spezzato il pane con essa, e cioè aver studiato il suo modo di mangiare? Ma come potreste giudicarci, dal nostro modo di mangiare, noi Italiani, che mangiamo sempre alla carlona, coll'epigastro strangolato dall'amore o dell'arrivismo? Così si svolge il vostro desiderio ossessionante di salvare le apparenze in ogni cosa, e una mania meschina e meticolosa per le etichette, le maschere e i paraventi d'ogni genere, inventati dalla pruderie e dalla morale ipocrita. Ma non voglio insistere, e mi affretto a denunciare quello che noi consideriamo come il vostro difetto maggiore: un difetto del quale voi stessi avete dotata l'Europa e che, a parer mio, è di ostacolo al vostro maraviglioso istinto pratico e alla vostra scienza della vita rapida. Voglio alludere al vostro snobismo, sia che esso consista nel culto appassionato, esclusivo della razza pura, nella vostra aristocrazia, sia che esso crei una specie di religione della moda e trasformi i vostri sarti illustri in altrettanti grandi sacerdoti di religioni perdute. Alludo anche alle vostre imperiose e dogmatiche norme per viver bene e alle sacre tavole del comme il faut, secondo le quali voi disprezzate e abolite, con una leggerezza sorprendente, il valore fondamentale dell'individuo, non appena esso dèroghi alla legge suprema dello snobismo. Tutto ciò rende singolarmente artificiale la vostra vita e fa di voi il popolo più contradittorio della terra; cosicché, con tutta la vostra maturità intellettuale, voi potete anche sembrare, qualche volta, un popolo in formazione. Voi avete inventato l'amore dell'igiene, l'adorazione pei muscoli, l'aspra passione dello sforzo, che trionfano nella vostra bella vita sportiva. Ma, disgraziatamente, spingete il vostro culto esagerato del corpo fino al disprezzo delle idee, e vi appassionate soltanto per i piaceri fisici. L'amore platonico, quasi non esiste da voi e ciò è bene; ma voi amate troppo i pasti succulenti, ed è nell'abbrutente religione della tavola, che calmate tutte le vostre angoscie e tutte le vostre preoccupazioni ! . . . Dalla vostra sensualità, voi traete una formidabile serenità davanti al dolore morale. Cessate, dunque di dar tanta importanza al dolore fisico! Vi si crede molto religiosi, ma non è che apparenza. Voi non vi curate della vostra vita interna, e nella vostra razza non c'è un vero sentimento mistico. Di questo, mi congratulo con voi! Ma voi avete bisogno ugualmente di rifugiarvi nel protestantesimo, bonne-à-tout-faire della vostra intelligenza, che vi evita la fatica e lo sforzo di pensare liberamente, senza paura e senza speranza come una bandiera nera nelle tenebre. È per pigrizia intellettuale, che voi cadete in ginocchio tanto spesso, ed è anche per amore del buon Formalismo convenzionale e puerile. Nessuno ama più di voi i piaceri della carne, e siete voi, tuttavia, che ostentate in Europa la maggior castità. Voi amate ed accogliete generosamente tutti i rivoluzionari, ma ciò non vi impedisce di difendere solennemente i principi dell'ordine!... Voi adorate le belle macchine volanti che sfiorano con le loro ruote la terra, il mare e le nubi, eppure conservate preziosamente ogni minimo detrito del passato!... È questo un difetto, dopo tutto? Non dovete considerare tutte le mie osservazioni come rimproveri. Contraddirsi è vivere e voi sapete contraddirvi coraggiosamente. Ma io so d'altronde che voi nutrite un odio profondo per la goffaggine tedesca, e questo basta ad assolvervi interamente. ….............. Vi ho detto, in modo molto sommario, che cosa pensiamo dell'Inghilterra e degl'Inglesi. Devo ora ascoltare la risposta cortese che già indovino sulle vostre labbra? Voi volete certamente fermare le mie scortesie col dirmi tutto il bene che si pensa degli Italiani e dell'Italia... Ebbene: no; io non voglio ascoltarvi. Gli elogi che state per farmi possono solo rattristarmi, poiché ciò che amate della nostra cara penisola è precisamente l'oggetto di tutti i nostri odi. Infatti, voi attraversate l'Italia soltanto per fiutarvi meticolosamente le tracce del nostro opprimente passato, e siete felici, pazzamente felici, se vi è dato di portarvi a casa preziosamente un miserabile sasso che sia stato calpestato dai nostri avi. Quando, quando vi sbarazzerete dell'ideologia linfatica di quel deplorevole Ruskin, che io vorrei coprire di ridicolo, ai vostri occhi, in modo definitivo? Col suo sogno morboso di vita agreste e primitiva con la sua nostalgia di formaggi omerici e di arcolai leggendari, col suo odio della macchina, del vapore e dell'elettricità, quel maniaco di semplicità antica somiglia a un uomo che dopo esser giunto alla sua completa maturità fisica, volesse ancora dormire nella culla e cibarsi alla mammella della propria nutrice divenuta decrepita, per riconquistare la sua spensieratezza infantile. Ruskin avrebbe certamente applaudito quei passatisti veneziani che hanno voluto ricostruire l'assurdo campanile di San Marco, come se si trattasse di offrire a una bimba che avesse perduta la sua nonna, una pupattola di cartone e di stoffa destinata a sostituire la defunta. F. T. Marinetti s.d. (ma aprile 1910?) I Manifesti del Futurismo, a cura di F. T. Marinetti, Istituto Editoriale Italiano, Milano, 1919.