Contro tutti i ritorni in pittura MANIFESTO FUTURISTA Il futurismo che ha mosso lotta accanita contro tutte le accademie e contro tutte le piccole e grandi mediocrità della vita artistica italiana, il futurismo che ha insegnato tutte le libertà, tutti i coraggi, è riuscito veramente a smuovere dalle basi l'addormentata sensibilità e la bottegaia e mediocre coscienza artistica italiana. Con i suoi quadri il futurismo portò la pittura italiana, in prima linea della pittura avanguardista europea, e così creò una delle due grandi correnti artistiche che prima della guerra erano le più tipiche e rappresentative della pittura d'avanguardia europea : la futurista e la cubista. Questo sforzo per acquistare tutte le libertà, e abbattere i convenzionalismi che serravano l'arte, ha reso necessaria la distruzione di tutte le forme comuni, di tutti i luoghi comuni, di tutti i gusti comuni. Quindi spasmodiche incessanti ricerche di scomposizione e di deformazione delle forme, compenetrazioni di piani, simultaneità di forme e sensazioni, ricerche di dinamismo plastico. In queste ricerche alcune volte si era portati ad una troppo minuta analisi delle forme stesse, a troppo frammentarie scomposizioni dei corpi per darne tutti gli sviluppi formali. Esaurite ora queste analisi, che hanno permesso una più completa comprensione delle forme, nelle loro pure essenze plastiche si sente il bisogno di una più larga, ampia e sintetica visione plastica. Noi futuristi entriamo dunque in un periodo di costruzionismo fermo e sicuro, poiché vogliamo fare la sintesi della deformazione analitica, con la conoscenza e la penetrazione acquistate per mezzo di tutte le nostre deformazioni analitiche. E questo per il colore, come per la forma. Bisogna dunque sistematicamente evitare, nelle scomposizioni e nelle deformazioni, l'analisi che c'imponemmo per molto tempo. Ora, però, che noi stiamo ricostruendo, e che altri con noi tentano di ricostruire, vediamo intorno a noi che per questo non si va verso una nuova e sintetica costruzione plastica, ma si cerca invece appoggio, sostegno e falso coraggio nel ritorno puro e semplice alle già troppo note costruzioni plastiche degli antichi. In queste imitazioni, diversi naturalmente sono i modelli che i varii pittori si propongono. Così vediamo in Francia alcuni cubisti che imitano Ingres, in Germania alcuni espressionisti che imitano Grünewald (il rivale di Dürer), e in Italia alcuni futuristi che imitano Giotto. Possiamo aspettarci, naturalmente, di vedere, in codeste imitazioni, rifare a poco a poco, coi varii modelli da imitare, tutta la storia della pittura europea! Quale profondo e madornale errore, il credere che le forme con cui un pittore del passato aveva costruite plasticamente e sintetizzate le sue emozioni, possano servire ancora ad altre sensibilità o ad altre emozioni! Notiamo subito, intanto, che ciò che a questi imitatori appare come definitivo in Giotto, per esempio, non era invece che la punta estrema d'avanguardia, che ha poi portato fino a Raffaello ed a Michelangelo ! È poi troppo facile e comodo, invece, di ricercare una propria e sintetica costruzione plastica desumendola dalle intime e profonde emozioni che la vita apporta alla sensibilità propria, rifugiarsi nell’imitazione della sintesi plastica apparente dei primitivi. Diciamo apparente, perché in realtà i primitivi appaiono sintetici solo perché è ristretto il campo della loro analisi. La sintesi che noi troviamo nei primitivi del Trecento non era in realtà che analisi insufficiente. Quei primitivi ci sembrano sintetici perché avevano poca abilità e poca potenza d'analisi. Sembra abbiano chiuso bene forme e colore in una sintesi. In realtà avevano poco da serrare. II frutto della loro analisi è povero e perciò brilla di semplicità. Le forme dei primitivi non avevano per sé stesse significazione alcuna, ne alcuna intensità simbolica, ma appaiono oggi ai nostri occhi arricchite d'un mistero suggestivo e di un prestigio magico (che altri chiamano spettralità), semplicemente perché sono velate dalla nebbia del tempo. La vera suggestione o spettralità in arte è la trasformazione plastica che il genio novatore imprime a qualsiasi oggetto. Vi è un'illusoria spettralità prodotta dalla lontananza di tempo. Non dimentichiamo inoltre che tutto è spettrale, misterioso e magico per un cervello debole, un corpo rammollito, un occhio stanco o velato dalla nebbia. Questo primitivismo plagiario camuffa la pittura pura con della rancida letteratura, del nebuloso filosofume metafisico e delle sciocche pretese di trascendentalismo. Altri, poi, vogliono camuffare questa sterile e impotente imitazione con la frase pomposa del «ritorno alla sana tradizione» ciò che è invece un ripiegamento facile e riposante. Noi dichiariamo che la vera tradizione italiana è quella di non aver mai avuto tradizione alcuna, giacché la razza italiana è una razza di innovatori e di costruttori. In nessun momento della storia della pittura italiana, si trova un vero e proprio ritorno all'imitazione di epoche precedenti. Tutti i grandi pittori italiani furono assolutamente originali e novatori. Nella pittura francese, più dotata di cerebralità che di potenza plastica, troviamo invece non pochi esempi di ritorni imitativi. Noi abbiamo Giotto, Masaccio, Raffaello; la Francia ha i Poussin, gl'Ingres e i David. La storia dell'arte, poi, c'insegna quali mediocri risultati hanno dato i ritorni in arte. Basti citare i neoclassici con David e Canova e i preraffaelisti inglesi. Tutte queste deviazioni della pittura pura sono maledettamente facili, tentanti e riposanti, tanto per il pittore che per lo spettatore. Certe rozzezze e certe semplicità (bottiglie storte, vasi deformi, ecc.) sono facilissime, in quanto quelle bottiglie o quei vasi possono essere storti e deformi in qualunque altro modo, senza che cambi il loro valore pittorico. D'altra parte, la chiarezza di questa cosi detta pittura pura, la rende commerciabilissima, pel fatto che il pubblico, trovando in essa una liberazione dal tormentoso turbine delle ricerche dinamiche e delle compenetrazioni, grida con gioia: « Finalmente vedo qualche cosa! » Vede la bottiglia, le perdona di essere sbilenca, e, trangugiandola cosi, si dichiara avanguardista e intelligente quanto il pittore. Secondo codesti falsi primitivi, tutti gli oggetti devono essere storti o mal fatti, poichè essi dimenticano che lo storto e il mal fatto, nei quadri dei veri primitivi, era quasi sempre l'effetto di un'autentica mancanza di abilità; nei falsi primitivi contemporanei, il risultato del loro sforzo di primitivismo ad ogni costo è una suggestione deprimente e negatrice della vita, di ordine letterario e niente affatto plastico. In questi falsi primitivi troviamo una monotonia di forme semplici (cubi, triangoli e altre figure geometriche, lineari e solide, mannequins che sono sintesi semplici e banali delle forme reali della natura) rese con una paziente e diligente campitura, la quale, unita alla povertà ritmica delle forme stesse e ai numerosi e inespressivi vuoti tra una forma e l'altra, toglie al quadro ogni vibrazione ritmica e lirica. Povertà, dunque, in tutti i sensi, è l'unica caratteristica di tali quadri. Georges Braque scrive: « Les moyens limités donnent le style, engendrent la forme nouvelle et poussent a la creation». Se Braque intende per mezzi limitati lo sforzo della sintesi, ha ragione. Se invece intende l'applicazione dei mezzi limitati dei primitivi, ha torto. Michelangelo, preoccupato di sintesi ma ricco di mezzi, ha almeno tanto stile quanto ne ha Giotto, povero di mezzi. La deformazione non deve avere per unico scopo sé stessa, per quanto sia, o sembri, essenzialmente logica. Bisogna invece che la deformazione sia una necessità ritmica per la costruzione ritmica e la chiusura ritmica del quadro. Tutte le singole deformazioni di un quadro devono ritmicamente obbedire alla tipica raffica ritmica che imprime il suo ritmo a tutto il quadro. Se questo scopo è raggiunto, tutte le parti del quadro sono indispensabili e immodificabili. Il chiaroscuro deve esistere dove, come e quando lo esigono il ritmo particolare di una forma e il ritmo generale del quadro. Ogni oggetto ha il suo ritmo particolare; ogni ritmo particolare deve concorrere al ritmo generale del quadro. Se in un quadro si può indifferentemente togliere, variare o spostare una parte, ciò significa che il ritmo di quella parte non è intimamente legato al ritmo generale del quadro, e che il quadro non è architettonicamente solido. Tutto, invece, nel quadro, deve essere necessario, inamovibile, fatale. Fernand Léger scrive: «J'aime les formes imposées par l'industrie moderne; je m'en sers; — les aciers ont mille reflets colorés plus subtils et plus fermes que les sujets dits classiques. Je soutiens qu’une mitrailleuse ou la culasse d'un 75 sont plus sujets a peinture que quatre pommes sur une table ou un paysage de Saint-Cloud, et cela sans faire du Futurisme ». Siamo d'accordo con Fernand Léger, ma deploriamo che il suo eccessivo chauvinisme gli vieti di riconoscere che fu precisamente il futurismo a imporre la bellezza plastica e lirica della modernità meccanica. Concludendo, è assurdo uscire dalla pittura per andare avanti ad ogni costo. E assurdo e vile ritornare al museo, plagiando per rimanere nella pittura. Bisogna andare avanti ad ogni costo, portando avanti tutti i valori plastici conquistati, e conquistandone dei nuovi con un'ampia e forte visione sintetica. Il futurismo, avendo superato il periodo della rivelazione della sensibilità moderna formidabilmente vitale, vasta e profonda, si pone il problema di definirne lo stile, concretarne le forme, crearne le ideali sintesi definitive. Per tale opera, il genio italiano appare il più potentemente dotato. Leonardo Dudreville - Achille Funi - Luigi Russolo - Mario Sironi MILANO, 11 Gennaio 1920.