Al di là del Comunismo Il cittadino eroico – Scuole di coraggio Gli artisti al potere Le case del genio – La vita in festa (1920) ai futuristi inglesi, spagnuoli, russi, ungheresi, rumeni, giapponesi. Noi futuristi abbiamo stroncato tutte le ideologie imponendo dovunque la nostra nuova concezione della vita, le nostre formule d'igiene spirituale, il nostro dinamismo estetico, sociale, espressione sincera dei nostri temperamenti d'italiani creatori e rivoluzionari. Dopo aver lottato dieci anni per lo svecchiamento dell'Italia, dopo aver sfasciato a Vittorio Veneto l'ultra-passatista Impero austro-ungarico, fummo in carcere, incolpati di aver attentato alla sicurezza dello Stato, in realtà colpevoli di Futurismo italiano. Siamo più che mai ardenti, instancabili e ricchi d'idee. Ne abbiamo regalate molte e ne prodigheremo ancora. Non siamo dunque disposti a ricevere l'imbeccata da chicchessia, né a plagiare, noi creatori italiani, il russo Lenin discepolo del tedesco Marx. L'umanità cammina verso l'individualismo anarchico, meta e sogno d'ogni spirito forte. Il Comunismo invece è una vecchia formola mediocrista, che la stanchezza e la paura della guerra riverniciano oggi e trasformano in moda spirituale. Il comunismo è l'esasperazione del cancro burocratico che ha sempre roso l'umanità. Cancro tedesco, prodotto dal caratteristico preparazionismo tedesco. Ogni preparazione pedantesca è anti-umana e stanca la fortuna. La storia, la vita e la terra appartengono agli improvvisitatori. Odiamo la caserma militarista quanto la caserma comunista. Il genio anarchico deride e spacca il carcere comunista. La patria rappresenta per noi il massimo allargamento della generosità dell'individuo straripante in cerchio su tutti gli esseri umani simili a lui, simpatizzanti e simpatici. Rappresenta la più vasta solidarietà concreta, d'interessi spirituali, agricoli, fluviali, portuali, industriali, legati da un'unica configurazione geografica, da una stessa miscela di climi e da una stessa colorazione di orizzonti. Il cuore dell'uomo rompe nella sua espansione circolare il piccolo cerchio soffocatore della famiglia, per giungere fino agli orli estremi della Patria, dove sente palpitare i suoi connazionali di frontiera, come i nervi periferici del proprio corpo. L'idea di patria annulla l'idea di famiglia. L'idea di patria è un'idea generosa, eroica, dinamica, futurista, mentre l'idea di famiglia è gretta, paurosa, statica, conservatrice, passatista. Una forte idea di patria scaturisce per la prima volta oggi dalla nostra concezione futurista. È stata prima d'ora una confusa miscela di campanilismo, retorica greco-romana, eloquenza commemorativa, istinto eroico incosciente, esaltazione degli Eroi morti, sfiducia nei vivi e paura della guerra. Il patriottismo futurista è invece una passione accanita, per il divenire-progresso-rivoluzione della razza. Come massima potenza affettiva dell'individuo, il patriottismo futurista, pure rimanendo disinteressato diventa l'atmosfera più favorevole alla continuità ed allo sviluppo della razza. Il cerchio affettivo del nostro cuore italiano, allargandosi, abbraccia la patria, cioè la massima quantità manovrabile di ideali, interessi, bisogni miei, nostri, legati e senza contrasti. La patria è la coscienza psichica e geografica dello sforzo di miglioramento individuale. Non si può abolire l'idea di patria se non rifugiandosi in un egoismo assenteista. Dire per esempio: io non sono italiano, sono cittadino del mondo, equivale a dire: « m'infischio dell'Italia, dell'Europa, dell'Umanità: penso a me ». Il concetto di patri è indistruttibile quanto il concetto di partito. La patria non è che un vasto partito. Negare la patria equivale a isolarsi, castrarsi, diminuirsi, denigrarsi, suicidarsi. Gli operai che oggi marciano sventolando bandiere rosse dimostrano dopo quattro anni di guerra vittoriosa un loro oscuro bisogno di fare un po' di guerra eroica e gloriosa. È assurdo sabotare la nostra vittoria al grido di « Viva Lenin, abbasso la guerra », poiché Lenin, dopo aver spinto il popolo russo a rinunciare ad una guerra, gliene impose un'altra contro Kolciak Denikine e i polacchi. Il bolscevismo russo crea così involontariamente il patriottismo russo, che nasce dal bisogno di guerra difensiva. Non si può sfuggire a questi due concetti-sentimenti: patriottismo, cioè praticità di sviluppo dell'individuo e della razza, eroismo, cioè bisogno sintetico di superare le forse umane, e potenza ascensionale della razza. Tutti coloro che sono stancati dalla varietà tempestosa-dinamica della vita, sognano l'uniformità riposante e fissa che il comunismo promette. Essi vogliono la vita senza sorprese, la terra liscia come una palla da biliardo. Ma le pressioni dello spazio non hanno ancora livellato le montagne della terra, e la vita che è Arte, è fatta (come ogni opera d'arte) di punte e contrasti. Il progresso umano, che ha per essenza le velocità crescenti ammette, come ogni velocità, ostacoli da rovesciare, cioè guerre rivoluzionarie. La vita degli insetti dimostra che tutto si riduce ad una riproduzione ad ogni costo e ad una distruzione senza scopo. L'umanità sogna vanamente di sfuggire a queste due leggi che la eccitano e la stancano alternativamente. L'umanità sogna di stabilire la pace mediante un tipo unico d'uomo mondiale, che dovrebbe essere però subito castrato, perché la sua virilità aggressiva non dichiarasse nuove guerre. Un tipo umano unico dovrebbe vivere su una terra perfettamente liscia. Ogni montagna è una sfida per ogni Napoleone e ogni Lenin.Ogni foglia impreca contro la volontà guerresca del vento. L'irriducibile varietà dei bisogni e dei mezzi di trasporto umani offende il sogno comunista. È infatti tragicamente anticomunista il dovere andare in tram, poi in treno, poi in barca sul lago, poi di nuovo in treno, e finalmente in barca per raggiungere in mare il transatlantico che se fosse un piccolo veliero non porterebbe in America. Dopo la più multiforme e tumultuosa delle guerre, l'umanità tira logicamente fuori il suo vecchio ideale comunista di quiete definitiva. Il comunismo è forse realizzato nei cimiteri. Ma, dato che vi sono molti sotterrati vivi, data la non controllabile morte totale dell'uomo, data la sopravvivenza di sensibilità che muoiono successivamente, i cimiteri contengono senza dubbio comizi furibondi, ribelli in carcere e ambizioni che vogliono innalzarsi. Vi saranno molti tentativi di comunismo, controrivoluzionari che faranno la guerra e rivoluzioni che si difenderanno guerrescamente. La pace relativa non può essere che la stanchezza dell'ultima guerra o dell'ultima rivoluzione. La pace assoluta regnerà forse colla sparizione delle razze umane. Se fossi un comunista mi preoccuperei della prossima guerra tra pederasti e lesbiche, che si uniranno poi contro gli uomini normali. Comincerei la propaganda contro la futura guerra interplanetaria. In Russia, dei rivoluzionari un po' livellatori difendono il loro potere aggredito da rivoluzionari non livellati che vorrebbero livellare un po' meno o disuguagliare di nuovo. Il bolscevismo è stato anzitutto un antidoto violento e vendicativo contro lo czarismo. Ora è una difesa guerresca di quei medici sociali che si trasformano in padroni del popolo malato. In certi paesi non vi è pane per tutti, in altri non vi è agiatezza per tutti. Si grida ovunque: tutti mangeranno pane a sufficienza, tutti saranno ricchi. Noi vorremmo gridare: tutti saranno sani forti e geniali! Una esperienza comunista in Italia, provocherà immediatamente una controrivoluzione inegualista, o partorirà essa stessa una nuova ineguaglianza. Non perdiamo tempo a glorificare lo pseudo-comunismo russo come un risultato definitivo o paradiso terrestre. Tendiamo lo spirito al di là. In tutti i paesi, e in Italia particolarmente, è falsa, la distinzione fra proletariato e borghesia. Non esiste una borghesia tutta fradicia e moribonda, né un proletariato tutto sano e vigoroso. Esistono i poveri e ricchi; poveri per sfortuna, malattia, incapacità, onestà; ricchi per frode, furberia, avarizia, abilità; sfruttati e sfruttatori; stupidi e intelligenti; falsi e sinceri; cosidetti ricchi borghesi che lavorano molti più degli operai; operai che lavorano il meno possibile sperando i non fare assolutamente niente; lenti e veloci; vittoriosi e vinti. È assurdo chiamare borghesia fradicia e moribonda quella massa formidabile di giovani intelligenti e laboriosi piccoli borghesi: studenti impiegati agricoltori, commercianti industriali, ingegneri, notai, avvocati ecc., tutti figli del popolo, tutti preoccupati di superare con un lavoro accanito il mediocre benessere paterno. Fecero tutti la guerra da tenenti e capitani e oggi, affatto stanchi, sono pronti a riprendere il nuovo sforzo della vita con eroismo. Non sono degli intellettuali, ma dei lavoratori dotati di intelligenza, previdenza, spirito di sacrificio e volontà. Costituiscono la parte migliore della nostra razza. La guerra è stata fatta da questi giovani energici sempre in testa alle masse dei fanti contadini e operai. I contadini e gli operai che fecero la guerra, non avendo ancora una coscienza nazionale, non avrebbero potuto vincere senza l'esempio e l'intelligenza di quei piccoli borghesi tenenti eroici. È inoltre indiscutibile che i tentativi di comunismo sono e saranno sempre guidati da giovani piccoli borghesi volitivi e ambiziosi. D'altra parte è assurdo caratterizzare tutti i lavoratori colla parola proletariato, promettendo uguale gloria e dittatura ai contadini fanti che oggi riprendono il lavoro della terra senza stanchezza, e agli operai che si dichiarano stanchissimi. Bisogna distruggere il passatismo, la vigliaccheria, il quietismo, il tradizionalismo conservatore, l'egoismo materialista, il misoneismo, la paura della responsabilità e il provincialismo plagiario. È provincialismo plagiario gridare: Viva Lenin, Abbasso l'Italia; Viva la Rivoluzione russa! Gridate invece: Viva l'Italia di domani! Viva la rivoluzione italiana! Viva il Futurismo italiano! La rivoluzione russa ha la sua ragione d'essere in Russia, non può essere giudicata che dai russi, e non può essere importata in Italia. Innumerevoli differenze separano il popolo russo dal popolo italiano, oltre a quella tipica che distingue un popolo vinto e un popolo vincitore. I loro bisogni sono diversi e opposti. Un popolo vinto sente morire in sé il suo patriottismo, si rovescia rivoluzionariamente o plagia la rivoluzione del popolo vicino. Un popolo vincitore come il nostro vuol fare la sua rivoluzione, come un aeronauta getta la zavorra, per salire più in alto. Non dimentichiamo che il popolo italiano, specialmente irto di individualismo acuti, è il più anticomunista, e sogna l'anarchia individualista. Non esiste in Italia antisemitismo. Non abbiamo dunque ebrei da redimere, valutare o seguire. Il popolo italiano può essere paragonato a un lottatore eccellente che volle lottare non allenato e sprovvisto di mezzi di allenamento. Le circostanze gli imposero di vincere o sparire. Il popolo italiano ha vinto gloriosamente. Ma lo sforzo superò i suoi muscoli, cosicché ora, ansante, stremato, incapace quasi di godere della sua grande vittoria, egli maledice noi, suoi allenatori, e tende le braccia a coloro che lo sconsigliavano di lottare. Fra questi partigiani della quiete che vogliono mantenerlo a terra e noi che vogliamo guarirlo, rialzarlo ad ogni costo, è scoppiata una rissa che si prolunga disgraziatamente sul corpo affranto del lottatore stesso. L'enorme groviglio di difficoltà, inciampi, miserie, che ogni guerra lascia sempre dietro di sé, l'esasperazione di tutti gli smobilitati che affondano nell'immenso pantano della burocrazia; la ritardata tassazione energica dei sopraprofitti di guerra, si sommano con la questione adriatica insoluta, il Brennero non valorizzato ecc. ecc. Siamo stati governati da un neutralista inguaribile, che fece tutti gli sforzi per diminuire la forza morale della vittoria nostra. Questo governo favorì i socialisti i quali, sventolando la bandiera comunista di un popolo vinto come il russo, si impadronirono elettoralmente del popolo italiano vincitore, stanco e scontento. Non si tratta di una lotta tra borghesia e proletariato, bensì di una lotta tra coloro che hanno come noi diritto di fare la rivoluzione italiana e coloro che devono subirne la concezione e la realizzazione. Conosco il popolo russo. Sei mesi prima della conflagrazione universale fui inviato, dalla Société des grandes conférences, a tenere a Mosca e a Pietroburgo 8 conferenze sul Futurismo. La trionfale ripercussione ideologica di queste conferenze e il mio successo personale di oratore futurista in Russia sono rimasti leggendari. Tengo a dichiarare tutto ciò, perché il mio giudizio sui futuristi russi appaia nella sua assoluta equità obbiettiva. Sono lieto di apprendere che i futuristi russi sono tutti bolscevichi e che l'arte futurista fu per qualche tempo, arte di Stato in Russia. Le città russe, per l'ultima festa di maggio, furono decorate da pittori futuristi. I treni di Lenin furono dipinti all'esterno con dinamiche forme colorate molto simili a quelle di Boccioni, di Balla e di Russolo. Questo onora Lenin e ci rallegra come una vittoria nostra. Ogni popolo aveva o ha ancora un suo passatismo da rovesciare. Noi non siamo bolscevichi perché abbiamo la nostra rivoluzione da fare. Noi non possiamo accettare le astuzie dei socialisti ufficiali. Essi: 1. Dichiarano che bisognava evitare la guerra ad ogni costo e riconoscono a mezza voce che lo sviluppo del socialismo rivoluzionario è frutto della guerra. 2. Dichiarano che la tirannia tedesca era assolutamente preferibile alla profusione di sangue eroico. 3. Glorificano l'imboscato e disprezzano l'eroe come un brigante sanguinario. 4. Considerano il disertore come un rappresentante degno del popolo. 5. Accusano e denunciano i rivoluzionari interventisti, come responsabili di una « inutile strage ». 6. Vilipendono gli ufficiali in un paese dove non esiste militarismo! 7. Spingono le masse alla rivoluzione e poi le frenano, dicendo che il banchetto da dividere sarebbe magro. 8. Trascurano la lotta contro il passato e si alleano coi preti per combattere soltanto noi, rivoluzionari interventisti. 9. Svalutano la nostra vittoria dimenticando che essa innalza moralmente tutti, ricchi e poveri. Ai socialisti ufficiali noi domandiamo: 1. Siete voi disposti come noi a liberare l'Italia dal Passato? 2. Vendere il nostro patrimonio artistico per favorire le classi povere e particolarmente il proletariato di artisti? 3. Abolire radicalmente tribunali, polizie, questure e carceri? Se non avete queste 3 volontà rivoluzionarie, siete dei conservatori, archeologhi clericali polizieschi e reazionari sotto la vostra vernice di comunismo rosso. Vogliamo liberare l'Italia dal papato, dalla monarchia, dal Senato, dal matrimonio, dal Parlamento. Vogliamo un governo tecnico senza Parlamento, vivificato da un consiglio o eccitatorio di giovanissimi. Vogliamo l'abolizione degli eserciti permanenti, dei tribunali, delle polizie e dei carceri, perché la nostra razza di geniali possa sviluppare la maggior quantità possibile di individui liberissimi, forti, laboriosi, novatori, veloci. Tutto ciò, nella grande solidarietà affettuosa della nostra razza tipica, nella nostra tipica penisola, nel cerchio saldo dei confini conquistati e meritati dalla nostra grande vittoria assolutamente tipica. Non soltanto siamo più rivoluzionari di voi, socialisti ufficiali, ma siamo al di là della vostra rivoluzione. Al vostro immenso sistema di ventri comunicanti e livellati, al vostro tedioso refettorio tesserato, noi opponiamo il nostro maraviglioso paradiso anarchico di libertà assoluta arte genialità progresso eroismo fantasia entusiasmo, gaiezza, varietà, novità, velocità, record. Occorrerà lasciarvi prima tentare un altro esperimento, che io chiamo acefalismo. Essere tutti scemi per non soffrire né desiderare è in realtà un ideale più livellatore e pacificatore di quello che voi urlate: lavorare tutti poco per mangiare tutti un poco. Occorre lasciarvi tentare la distruzione dell'intelligenza umana, poiché l'intelligenza è la prima fonte di ineguaglianza e di sopraffazione. Speriamo che il vostro tentativo di comunismo abbia almeno come risultato quello di distruggere le nuove ineguaglianze prodotte dallo sfruttamento della guerra e dal principio ereditario che noi combattiamo quanto vuoi. Noi sogniamo l'Italia futurista, libera, virile, elastica, dinamica, inebriata di progresso, pronta a tutto, cioè ad improvvisare guerre o rivoluzioni senza eserciti permanenti, ma con la massima quantità di quelli che noi chiamiamo cittadini eroici. Noi prepariamo questi cittadini con una propaganda assidua di libertà intellettuale, sport, arte, eroismo e originalità futurista. In nome di questa nostra originalità futurista rifiutiamo la concezione comune che fa delle parole: democrazia, libertà, giustizia, femminismo ecc., altrettante ricette universali. Ogni paese ha la sua speciale concezione democratica. In un paese colmo d'individui d'ingegni come l'Italia, democrazia significa qualità e non quantità. Abbiamo un forte ottimismo. Il sangue italiano versato a Tripoli era migliore di quello versato ad Abba Garima. Quello versato sul Carso, migliore; quello versato sul Piave e a Vittorio Veneto, migliore. Mediante le scuole di coraggio fisico che noi propugniamo, vogliamo aumentare questo vigore del sangue italiano, predisponendolo a tutte le audacie e a una sempre maggiore capacità artistica di creare, inventare e godere spiritualmente. Bisogna guarire tutte le vigliaccherie e tutti i languori e sviluppare l'eleganza spirituale della razza, poiché ciò che di meglio si può trovare in una folla tumultuante è la somma delle sue eleganze spirituali: eroiche, e generose. Bisogna aumentare la capacità umana di vivere la vita ideale delle linee, delle forme, dei colori, dei ritmi, dei suoni e dei rumori combinati dal genio. Si potessero anche sfamare tutti gli stomachi, vi saranno sempre coloro che sapranno conquistarsi dei raffinatissimi pranzi privilegiati. Bisogna eccitare la fame spirituale e saziarla con una grande arte stupenda e gioconda. L'arte è rivoluzione, improvvisazione, slancio, entusiasmo, record, elasticità, eleganza, generosità, straripamento di bontà, smarrimento nell'Assoluto, lotta contro ogni catena, danza aerea sulle cime brucianti della passione, distruzione di ruderi davanti alle divine velocità, varchi da aprire, fame e sete di cielo.... giocondi aeroplani golosi di infinito.... Vi sono masse umane tenebrose flaccide cicche senza luce né speranza né volontà. Le rimorchieremo. Vi sono anime che combattono senza generosità per conquistare il piedestallo, l'aureola o la posizione. Convertiremo queste anime meschine ad un'alta eleganza spirituale. Bisogna dare a tutti la volontà di pensare, creare, svegliare, rinnovare, e distruggere in tutti la volontà di subire, conservare, plagiare. Mentre agonizzano le ultime religioni, l'Arte deve essere nutrimento ideale che consolerà e rianimerà le razze inquietissime, insoddisfatte e deluse dal crollo successivo di tanti banchetti ideali insufficienti. Solo l'inebriante alcool dell'arte potrà finalmente sostituire e abolire il tedioso volgare sanguinario alcool domenicale delle taverne del proletariato. Così nella mia tragedia ilare Re Baldoria, il dinamismo artistico novatore del Poeta-Idiota deriso dalla folla si fonde col dinamismo insurrezionale del libertario Famone, per proporre all'umanità come unica soluzione del problema universale: l'Arte e gli Artisti rivoluzionari al potere. Sì! gli artisti al potere! Il vasto proletariato dei geniali governerà. Il più sacrificato, il più degno dei proletariati. Tutti sono stanchi e delusi. Egli non cede. Il suo genio farà presto esplodere sull'Italia e sul mondo immense rose di forza artistica rallegrante, purificatrice e pacificatrice. Il proletariato dei geniali al governo realizzerà il teatro gratuito per tutti e il grande Teatro aereo futurista. La musica regnerà sul mondo. Ogni piazza avrà la sua grande orchestra strumentale vocale. Vi saranno così, dovunque fontane di armonia che giorno e notte zampilleranno dal genio musicale e fioriranno in cielo, per colorare, ingentilire, rinvigorire e rinfrescare il ritmo duro, buio, trito e convulso della vita quotidiana. Invece del lavoro notturno, avremo l'arte notturna. Si alterneranno le squadre di musicisti, per centuplicare lo splendore dei giorni e la soavità delle notti. Il proletariato dei geniali sarà, solo, capace di intraprendere la vendita sapiente, graduale e mondiale del nostro patrimonio artistico, secondo il progetto di legge da noi ideato nove anni fa. Questo grano e questo carbone spirituali infonderanno nei popoli più rozzi ammirazione per noi. I nostri musei venduti al mondo diventeranno una dinamica réclame transoceanica del genio italiano. Il proletariato dei geniali, collaborando collo sviluppo del macchinario industriale, raggiungerà quel massimo di salario e quel minimo di lavoro manuale che, senza diminuire la produzione, potranno dare a tutte le intelligenze la libertà di pensare, di creare, di godere artisticamente. In ogni città sarà costruito un Palazzo o Casa del Genio per Mostre libere dell'Ingegno creatore. 1. Verrà esposta per un mese un'opera di pittura, scultura, plastica in genere, disegni d'architettura, disegni di macchine, progetti di invenzione. 2. Verrà eseguita un'opera musicale piccola o grande, orchestra o pianistica di qualsiasi genere. 3. Verranno letti, esposti, declamati poemi, prose, scritti di scienza di qualsiasi genere, di qualsiasi forma e di tutte le dimensioni. 4. Le opere di qualsiasi genere o valore apparente, anche se apparentemente giudicate assurde, cretine, pazze o immorali, saranno esposte o lette senza giuria e gratuitamente. La rivoluzione futurista che porterà gli artisti al potere non promette paradisi terrestri. Non potrà certo sopprimere il tormento umano che è la forza ascensionale della razza. Gli artisti, instancabili aeratori di questo travaglio febbrile riusciranno ad attenuare il dolore. Essi risolveranno il problema del benessere, come soltanto può essere risolto, cioè spiritualmente. L'arte dev'essere non un balsamo, un alcool. Non un alcool che dia l'oblio, ma un alcool di ottimismo esaltatore, che divinizza la gioventù, centuplichi la maturità e rinverdisca la vecchiaia. Questa arte-alcool intellettuale deve essere profusa a tutti. Così moltiplicheremo gli artisti creatori. Avremo una tipica razza quasi integralmente formata d'artisti. Avremo in Italia un milione di intuiti divinatori, tesi accanitamente a risolvere il problema della felicità umana collettiva. Un assalto così formidabile non può essere che vittorioso. Avremo la soluzione artistica del problema sociale. Noi intanto ci proponiamo di ingigantire la facoltà sognatrice del popolo e di educarla in un senso assolutamente pratico. Il soddisfacimento d'ogni bisogno dà un piacere. Ogni piacere ha un limite. Al limite del piacere comincia il sogno. Si tratta di regolare il sogno e di impedire che diventi nostalgia d'infinito o odio per il finito. Bisogna che il sogno avviluppi e bagni, perfezioni e idealizzi il piacere. Ogni cervello deve avere una sua tavolozza e un suo strumento musicale per colorare e accompagnare liricamente ogni più piccolo atto della vita, anche umilissimo. La vita comune è troppo pesante, austera, monotona, materialista, male aerata, e se non strangolata almeno inceppata. Aspettando la realizzazione grandiosa del nostro Teatro aereo futurista, noi proponiamo un vasto progetto di concerti quotidiani e gratuiti in ogni quartiere della città, teatri cinematografi sale di lettura libri e giornali assolutamente gratuiti. Svilupperemo la vita spirituale del popolo e ne centuplicheremo la facoltà sognatrice. Grazie a noi il tempo verrà in cui la vita non sarà più semplicemente una vita di pane e di fatica, né una vita d'ozio, ma in cui la vita sarà vita-opera d'arte. Ogni uomo vivrà il suo migliore romanzo possibile. Gli spiriti più geniali vivranno il loro miglior poema possibile. Non vi saranno gare di rapacità né di prestigio gli uomini gareggeranno in ispirazione lirica, originalità, eleganza musicale, sorpresa, giocondità elasticità spirituale. Non avremo il paradiso terrestre, ma l'inferno economico sarà rallegrato e pacificato dalle innumerevoli feste dell'arte. Ho sintetizzato in questo manifesto alcune delle idee già sviluppate nella mia opera Democrazia futurista, pubblicato un anno fa, e nel mio discorso sulla Bellezza e necessità della violenza, pronunciato da me il 26 giugno 1910 alla Borsa del Lavoro di Napoli, e pubblicato nella « Propaganda » di Napoli e nell' « Internazionale » di Parma, poiché oggi sento l'urgenza della loro espressione benefica e decisiva. Filippo Tommaso Marinetti Edizioni de "La Testa di Ferro", Milano 1920